Mercoledi’ 10 febbraio e ’ “Giornata del Ricordo”. Una Ricorrenza che deve essere sentita da tutti gli Italiani quale elemento costitutivo della propria identita’ nazionale . Dopo un lungo e contrastato iter legislativo, l’alto valore simbolico della Ricorrenza e’stato riconosciuto dal Parlamento con Legge del 30 Marzo 2004,n.92.“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.” Suscita sempre grande turbamento rievocare le sofferenze patite dai nostri connazionali in Istria, Fiume e Dalmazia, durante e alla fine della II Guerra Mondiale. Le atrocità, le eliminazioni di massa, le violenze inflitte ai nostri Connazionali in quegli anni prefigurano certamente quella “pulizia etnica” che diventerà la strategia dell’orrore nei conflitti riesplosi nei Balcani Occidentali all’inizio degli anni ’90. Ma per trarre dagli orrori delle Foibe titine la forza della Verita’ e il coraggio della Memoria e’ utile , io credo, riflettere- specialmente nella Giornata del Ricordo – sul significato di quanto avvenuto in quegli ultimi anni della Seconda Guerra mondiale. E’ anche opportuno , in segno di profondo rispetto alle vittime e ai profughi dai nostri confini orientali, chiarire le gravi manchevolezze di una parte della nostra classe dirigente nell’affermare – per convenienze politiche o personali- la sovranita’ e l’interesse nazionale come sarebbe stato preciso dovere del Governo e del Parlamento.
Tra Croati, Serbi, Mussulmani e Bosniaci, si scateneranno nuovamente –con la dissoluzione delle Jugoslavia – i demoni di uno spaventoso odio capace di trasformare l’affermazione legittima dell’identità nazionale in volontà distruttiva, intollerante e perfino razzista contro i propri vicini di casa, con i quali si era convissuto per secoli. Per anni si è finto di credere che l’esodo forzato degli italiani da quelle terre potesse essere coperto dietro una maschera di silenzio, voluto dall’omertà di una parte del nostro mondo politico con il regime di Tito, in nome di una falsa Ragion di Stato, che non turbasse alcuna suscettibilità in un’ Europa divisa. Si è cosi’ elusa una precisa responsabilità del nostro Paese; si è fatto un gravissimo torto alle tante vittime, ai loro famigliari, agli italiani costretti all’esodo; si è ritardata la riconciliazione tra l’Italia e i paesi nostri vicini sul confine orientale.
Gli episodi di persecuzione anti-italiana devono appartenere alla memoria di tutti i cittadini di uno Stato che voglia veramente affrancarsi dagli errori commessi con la Seconda Guerra Mondiale, come aveva coraggiosamente iniziato a fare Alcide De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi. Sono stati proprio i “silenzi” sulle sofferenze subite a privare l’opinione pubblica italiana di fondamentali elementi di giudizio nei confronti del comunismo jugoslavo e a impedirci di respingere vigorosamente quello che invocava il Partito Comunista: la rinuncia definitiva alla Sovranità italiana sulla “Zona B” con il Trattato di Osimo.
Molto fu fatto e detto in quegli anni per confondere l’opinione pubblica, con tecniche che vediamo ben utilizzate anche ai nostri giorni. Ci fu persino una chiara strategia del Governo dell’epoca per negare lo Status della Zona B e la Sovranità dell’Italia in tale Regione. Un rapporto redatto dall’intelligence della Marina Militare per essere utilizzato alla conferenza di Pace di Parigi – intitolato “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943” – documenta con un impressionante numero di testimonianze, scritti e fotografie, l’immane eccidio, le torture, le inumane detenzioni e la pulizia etnica operata contro gli italiani dalle milizie comuniste, soprattutto croate e slave, dopo l’8 settembre nei territori italiani dell’ex Jugoslavia. Nella introduzione alla recente ristampa il Dott. Cace scrive: “…la tragedia scaturita con le tristemente famose FOIBE costituisce, senza dubbio alcuno, la causa scatenante dell’esodo di 350.000 italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Il volume ebbe una strana storia: non ebbe alcuna diffusione al di fuori del circuito diplomatico, perché evidentemente non si voleva che l’opinione pubblica venisse a conoscenza dell’immane tragedia che si era consumata a danno degli italiani. Leggendo questo documento, emerge con chiarezza che ben poche differenze vi sono state tra l’efferatezza dei crimini perpetrati da partigiani e forze regolari jugoslave contro gli italiani e l’efferatezza dei crimini nazisti..”
Vale certamente la pena rileggere lo straordinario discorso pronunciato alla Conferenza di pace da Alcide De Gasperi il 10 agosto 1946: discorso molto duro, amaro, per il trattamento riservato all’Italia in un Trattato presentato come “cosa già fatta” dai Paesi vincitori. Nonostante la “cobelligeranza” dichiarata dall’Italia dopo l’8 settembre, e il contributo dato agli Alleati dalle nostre unità partigiane, nessun riconoscimento veniva all’Italia: essa era considerata alla stregua di Paese “ex nemico”, con formulazioni perfino peggiorative rispetto ad alcuni di essi. De Gasperi stigmatizzava la frase: “…sotto la pressione degli avvenimenti militari il regime fascista fu rovesciato”, contenuta nel Preambolo del Trattato, perché disconosceva il ruolo del movimento partigiano e delle numerose unità regolari mobilitate contro i Tedeschi. Ebbene, un punto assolutamente centrale nel discorso di De Gasperi riguardava Trieste e delineava con grande preveggenza gli enormi rischi che le Comunità italiane stavano correndo nelle zone occupate dalle forze di Tito. “Il carattere punitivo del Trattato – sottolineava De Gasperi- risulta anche dalle sue clausole territoriali… Come sarà possibile, obiettano i triestini, mantenere l’ordine in uno Stato non è accetto né agli uni né agli altri..? Voi rinserrate nella facile gabbia di uno statuto i due contendenti, e poi pretendete che non vengano alle mani… avete dovuto far torto all’Italia rinnegando la linea etnica; avete abbandonato alla Jugoslavia la zona di Parenzo e Pola senza ricordare la Carta atlantica che riconosce alle popolazioni il diritto di consultazione preventivo sui cambiamenti territoriali… il totale degli italiani esclusi dall’Italia è di 446.000”, concludeva De Gasperi. A quel punto, la diffusione pubblica del Rapportosulle Foibe non poteva essere un argomento decisivo per lo statista? Tanto più che il Diktat punitivo del Trattato di pace, che proprio per questo non poteva neppure definirsi un vero Trattato, era manifesto nel modo in cui De Gasperi venne accolto a Parigi.
James Byrnes, segretario di Stato americano, raccontò nelle sue memorie: “De Gasperi parlò con tatto, ma con dignità e coraggio. Quando lasciò il podio per tornare al posto assegnatogli nell’ultima fila scese nella navata centrale della sala silenziosamente passando accanto a molte persone che lo conoscevano. Nessuno gli parlò. La cosa mi fece impressione e mi sembrò inutilmente crudele. Così quando passò accanto alla delegazione degli Stati Uniti, gli tesi la mano e strinsi la sua. Poi gli inviai un messaggio, invitandolo nel mio appartamento nel pomeriggio. Volevo far coraggio ad un uomo che aveva sofferto personalmente sotto Mussolini ed ora stava soffrendo ad opera delle Nazioni alleate” . Dopo De Gasperi parlò Kardelj ,l’ex partigiano comunista sloveno, che subito lo attaccò.
Il rapporto sul “Trattamento degli Italiani” da parte Jugoslava dopo l’8 settembre 1943 poteva certamente essere reso pubblico e utilizzato a Parigi o subito dopo;ma qualcuno pensava che si sarebbe creata una frattura con il Partito Comunista, sodale dei comunisti jugoslavi, ai danni della coalizione di Governo. Se il silenzio puo’ essere forse spiegato, non puo’ certo essere giustificato. Alla Conferenza di Pace l’Italia non avrebbe dovuto tacere sulle Foibe. Avrebbe dovuto pretendere soddisfazione per le violenze subite da nostri connazionali. Si giustifica ancor meno la consegna del silenzio proseguita per altri decenni, sino al Trattato di Osimo:decenni nei quali sovranità e identità nazionale sono state svilite dal “vuoto della memoria”.
La “trattativa segreta” per Osimo, la sua genesi, l’inutile rinuncia alla Sovranita’ su terre e popolazioni italiane restano incomprensibili se scollegate dal Diktat della Conferenza di Londra.
In un momento di “pensiero debole” per la nostra politica estera gli ignobili silenzi sulle Foibe e i tatticismi che hanno portato a Osimo dovrebbero essere un monito molto forte per chi ancora si illude che cedimenti sui nostri valori identitari e cessioni gratuite di sovranita’ rendano il nostro Paese piu’ sicuro e gli italiani piu’ rispettati nel mondo.