Articolo di Domenico Letizia per L’Opinione delle Libertà del 2 luglio 2019
Numerose organizzazioni internazionali e autorevoli esponenti politici degli Stati Uniti d’America lanciano nuovamente l’allarme internazionale sulla produzione di nucleare da parte della Repubblica Islamica dell’Iran. Le preoccupazioni sono tornare al centro dell’analisi politica con la conferma da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica del superamento del limite delle scorte di uranio a basso arricchimento consentite nell’accordo sul nucleare del 2015. “Il direttore generale Yukiya Amano ha informato il consiglio dei governatori della verifica da parte dell’Aiea che le scorte di uranio arricchite dell’Iran hanno superato il limite dell’accordo”, ha spiegato un portavoce dell’agenzia Onu. La prospettiva che Teheran ha violato gli impegni nucleari ha reso ancor più urgente trovare una soluzione diplomatica alla crisi.
Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo in una recente intervista ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno fatto tutto il possibile per ridurre le tensioni con l’Iran. “Se ci sarà un conflitto, se scoppierà la guerra, se ci sarà un’attività cinetica lo sarà per scelta delle autorità iraniane. Spero che non la compiano”, ha detto Pompeo all’emittente indiana Today di Nuova Delhi. Le “sunset provisions” in scadenza tra poco più di un anno, che aboliranno le restrizioni esistenti sui programmi militari, missilistici e nucleari iraniani, sono state un fattore chiave nella decisione del Presidente Trump di ritirarsi dal piano d’azione globale (JCPOA) nel maggio dell’anno scorso. Nel Rapporto “JCPOA Sunset Alert”, l’organizzazione United Against Nuclear Iran (UANI) descrive i pericoli che emergeranno una volta raggiunta la scadenza della Risoluzione 2231 sul trasferimento di armi e evidenzia problematiche importanti con il nucleare.
“Le disposizioni più ampie dell’accordo sul nucleare iraniano sono una delle carenze più importanti dell’accordo”, ha dichiarato il capo di UANI, Mark D. Wallace il 27 giugno, aggiungendo: “A partire dal prossimo anno con la scadenza dell’embargo sulle armi fissato con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2231, il potenziale dell’Iran di nutrire i propri gruppi terroristici proxy con trasferimenti di materiale aumenterà. È fondamentale che l’attuale campagna di massima pressione economica dell’amministrazione statunitense venga pienamente applicata e sostenuta affinché venga meno la capacità dell’Iran di diffondere armi in tutta la regione”. Preoccupazioni condivise anche dall’Ambasciatore Giulio Terzi Presidente del Global Committee for the Rule of Law e già ministro degli Esteri che in una recente analisi ha riportato: “Appaiono sempre più evidenti i motivi di preoccupazione per la sicurezza europea. Rapporti con la Russia, tenuta dell’Alleanza Atlantica, arretramenti nel controllo e riduzione degli armamenti convenzionali e nucleari sono lo sfondo sul quale si sviluppano minacce asimmetriche e nuove, come i legami tra radicalizzazione e terrorismo. Un ruolo estremamente negativo per la sicurezza di tutti gli europei è stato assunto dal regime teocratico iraniano. Sono miseramente naufragate le speranze che l’accordo nucleare del 2015 potesse ribaltare strategie e obiettivi della leadership iraniana. È avvenuto l’esatto contrario. Il regime si è ulteriormente trincerato nel fondamentalismo più bieco. Trovandone, credono gli Ayatollah, la fonte della propria sopravvivenza, e del proprio ulteriore arricchimento”.
Le politiche regionali della Repubblica iraniana stanno scatenando ulteriori corse al nucleare in Medio Oriente. Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar cercheranno di accelerare il loro programma nucleare come risposta alle scelte iraniane. Il principe reggente saudita, Mohammed Bin Salman, lo scorso marzo aveva affermato: “Se l’Iran avrà la bomba atomica, la svilupperemo anche noi, il prima possibile”. Tornare ad avere un Medio Oriente denuclearizzato è divenuta una nuova preoccupazione internazionale.