Intervista all’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri con il Governo Monti: “serve una strategia di regole e principi”
Di Daniele Latella per Lindro.it del 28 agosto 2018
Il recente caso della nave Diciotti e dei migranti trattenuti a bordo dell’imbarcazione per cinque estenuanti giorni nel porto di Catania ha riportato prepotentemente al centro del dibattito politico la questione sul tema migratorio, in realtà mai del tutto sopita in questi ultimi mesi.
Il caso, come al solito, ha diviso fortemente l’opinione pubblica, soprattutto per l’atteggiamento intransigente tenuto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, il quale, in merito alla vicenda, è formalmente indagato dal Procuratore di Agrigento, , per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Proprio oggi il Ministro Salvini, presso la Prefettura di Milano, incontra il Primo Ministro ungherese, Viktor Orban, esponente di maggior rilievo del gruppo di Visegrad. L’incontro –in contemporanea del quale è stata organizzata una manifestazione di protesta a piazza San Babila- sarà incentrato in maniera particolare sull’immigrazione e sulla ‘difesa dei confini’.
L’appuntamento politico, e non istituzionale – come evidenziato nei giorni scorsi dall’altro vice-premier Luigi Di Maio – tra Orban e Salvini, è stato al centro di un editoriale pubblicato ieri dal ‘Corriere della Sera’, dal titolo ‘Più lontani dall’Europa senza dirlo’, a firma di Mario Monti.
«È avvenuto un rapido slittamento» scrive Monti «il Paese ha scelto di crearsi uno strapuntino Sud nel blocco Visegrad Austro-Ungarico». Monti parla di un «riposizionamento geopolitico, nonché psicologico, che l’Italia è riuscita a darsi in così poco tempo» evidenziando «un rischio che l’Italia finisca un giorno a non far più parte né dell’area Schengen, né dell’area dell’euro», «diventeremmo una lunga e triste penisola di quasi-Europa».
Il ragionamento di Monti prende spunto dalla politica in fatto di migranti ed immagina dello spostamento sull’asse di Visegrad dell’Italia che, secondo l’ex premier, appare oramai evidente. «Può il Parlamento, può il Paese non sapere chi, magari solo per ottenere consensi elettorali, sta spingendo l’Italia verso una meta non dichiarata e in modi non previsti dalla Costituzione?» si chiede infine Monti, «chi ha deciso questo riposizionamento dell’Italia?».
“Il discorso di Monti non vedo perché dovrei commentarlo, è ultrachiara la sua visione di fondo”, cosi esordisce all’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri per circa 16 mesi proprio nel Governo Monti, ed attualmente Presidente esecutivo del Global Commitee for the Rule of Law. “Ho trovato interessante, invece, l’articolo di oggi sul Corriere della Sera di Panebianco, il quale dice ai radicali italiani attenzione ad invocare l’accoglienza indiscriminata, perché è una cosa inaccettabile. Bisogna capire quando si parla di accoglienza quali sono le strategie, le condizioni e le politiche”.
Così l’Ambasciatore Terzi affronta il tema delle migrazioni nell’ottica dello Stato di diritto, sostenendo che quest’ultimo, non da oggi, è scomparso dalle politiche europee.
Ambasciatore Terzi, tanto per cominciare una domanda che potrebbe sembrare amena ma non lo è affatto, anzi: i Governi, le grandi organizzazioni internazionali o sovranazionali che dovrebbero segnare la strada ai governi, tra le migliaia di consulenti che hanno, non hanno più dei futurologi? quei pensatori dediti a esplorare i futuri possibili, a prevedere il mondo nel futuro, a immaginare e ipotizzare visioni del mondo, oppure hanno smesso di ascoltarli?
A me sembra che ci sia nell’attività di approfondimento a livello istituzionale e pubblico, in tutti i Paesi del mondo e nelle grandi organizzazioni internazionali, una crescente ricchezza di analisi e di capacità di comprendere, studiare e valutare i trend, grazie ad un’analisi sempre più sofisticata dell’infinità dei dati, e di tecniche dell’elaborazione di questi, di cui l’umanità dispone, grazie alle nuove tecnologie ed al ricorso dell’intelligenza artificiale. Credo ci sia una crescente capacità di analisi, nella nostra era, cioè da una decina di anni a questa parte, volta a capire quali sono gli elementi che influiscono sull’evoluzione delle diverse macro o micro realtà che hanno importanza per la politica, l’economia, la società, la sicurezza, la cultura, l’evoluzione, l’educazione. Mi pare che siamo in una stagione completamente diversa da quella che una volta veniva definita l’attività dei futurologi. Perché non ci si affida ai futurologi? La domanda è molto interessante, ma disponiamo di una crescente ricchezza di analisi, capacità di studio e di previsione. Sono almeno 15 anni che ogni singolo rapporto mondiale sulla popolazione rileva che nell’Africa subsahariana si va, entro i 10/15 anni prossimi, ad un raddoppio della popolazione attuale, che il continente negli anni avvenire nel suo insieme, che il mondo arriverà ai 9/10 miliardi di essere umani. Queste sono previsioni riconfermate costantemente. Bisogna capire cosa si intende quando si parla di migrazione. ‘Migrazione’ sta diventando un termine estremamente indeterminato, perché anche su questo bisognerebbe essere precisi su cosa sia un fenomeno migratorio.
Come giudica la consistenza di pensiero politico e la relativa azione politica della UE in materia di migrazioni? E’ vero, come appare, che la UE non sembra aver capito che il tema migranti sarà centrale per il futuro del mondo e in particolare per quello di un continente che invecchia come l’Europa?
L’UE ha capito perfettamente quello che sta avvenendo. L’hanno capito i singoli Stati nazionali. Le politiche europee sono guidate da interessi nazionali e da equilibri tra questi interessi. Il minimo comune denominatore si raggiunge nei Consigli europei e negli altri confronti governativi, nei quali si raggiungono, nella maggior parte dei casi, delle decisioni comuni, ma in modo estremamente faticoso. Le migrazioni rappresentano il punto più difficile, che è un’ampia materia di questioni, sulle quali si è riusciti a raggiungere accordi molti settoriali.
Noi abbiamo fatto di tutto in questi 10/15 anni. I partiti di Governo in Europa, sino almeno a 2/3 anni fa, facevano di tutto per far balenare l’esistenza di un’Europa accogliente pronta a ricevere, indifferente al principio fondamentale del rispetto delle leggi che i Paesi europei si sono dati da moltissimi anni per quanto riguarda le condizioni e le regole di ingresso nei nostri Stati. Prima di tutto la presentazione di una domanda di visto, dei documenti d’identità che ognuno di noi fare quando si muove all’esterno dello Spazio Schengen. Ecco, invece, negli ultimi 10 anni, la maggior parte dei Governi europei si è presentata, diciamo platealmente, fiera di aprire tutte le porte all’accoglienza indiscriminata, senza se e senza ma, dicendo venite tutti che vi accogliamo, siamo Paesi meticci, siamo contenti se arrivate, siamo fieri di essere portatori di valori europei di uguaglianza e solidarietà, e alla fine le regole sì, non fa niente, poi le modificheremo, modificheremo le leggi sulla cittadinanza, faremo altre cose. Questo è il segnale, la potentissima calamita che è stata data a centinaia di milioni di persone povere, che costituivano un mercato gigantesco per i trafficanti di esseri umani e di alimentazione di flussi, sui quali poi si sono inseriti gli episodi, estremamente spiacevoli, di Ong, in grandissima parte eroiche, ma in alcuni casi, quantomeno imprudenti, per non dire altro. Perché quando uno guarda la cartina dei movimenti di alcune specifiche navi di Ong e si vedono le localizzazioni, si nota che queste navi spegnevano i trasponder per evitare di essere individuate dai comandi delle guardie costiere interessate e si mettevano in contatto direttamente, prima ancora che lasciassero la terra ferma, con gli scafisti. Queste operazioni sono molto discutibili, decisamente condannabili dal punto di vista del rispetto del diritto. Teniamo ben presente che il discorso delle migrazioni deve essere definito in modo diverso da quello che sono i 120 caratteri di Twitter e con una capacità di analisi molto più serena rispetto a quello che è stato fatto fino ad ora. Perché quando si pone il discorso dello Stato di Diritto, sulle migrazioni, su quello che abbiamo di fronte, è bene che una politica migratoria venga discussa. Noi siamo estremamente svantaggiati dalla posizione geografica in cui ci troviamo, è chiarissimo. Quando un Paese è svantaggiato, le sue capacità di farsi valere sono inferiori a quelle degli altri, però abbiamo anche dei punti di forza. Si può criticare il vertice di fine giugno e degli esiti a doppio taglio. Sicuramente ci sono state una serie di ambiguità volute per poter raggiungere una conclusione, ma sta di fatto che noi adesso che da quel vertice cosa abbiamo? Ci sono dei Paesi che dovevano accogliere 270 immigrati, la Francia ne ha accolti 47 e gli altri neanche uno. Quindi il vertice di giugno è stato disatteso. Questo dimostra la difficoltà. È mancato anche un senso di lavorare sulle cause profonde delle destabilizzazioni regionali, tenendo presente il conflitto siriano nel quale l’Europa volutamente non ha fatto alcunché ed era chiaro sin dalle Primavere arabe. Da quel momento l’Europa è stata zitta. È zitta sui diritti umani in Iran. Sta zitta sulle violazioni massicce dello Stato di diritto che, invece, è ai primissimi articoli del Trattato di Lisbona e dei Trattati sull’UE. Nell’Unione, la politica estera e di sicurezza comune è basata sulla promozione dello Stato di diritto. Nella maggior parte dei casi ce lo dimentichiamo. Se non si gestiscono le crisi non immaginiamoci che la migrazione poi si calmi, anzi si rinfocola. È evidente a tutti. Se questo non avviene e non c’è una massa critica di Paesi europei che entra in questa mentalità, che ancora non ha maturato una consapevolezza di un interesse nazionale comune europeo ad entrare, impegnarsi ed agire diplomaticamente su queste cose, la difficoltà sul fronte migratorio continuerà ad esserci e di ‘casi Diciotti’ ne avremo quotidianamente, purtroppo. Tutto ciò in una condizione di Stato di diritto mancante da molti anni.
Ambasciatore, Lei che ha guidato la Farnesina, Lei che è alla guida del Global Committee for the Rule of Law ‘Marco Pannella’, Le chiedo: abbiamo la sensazione che le politiche che da alcuni mesi si stanno mettendo in campo in Italia, in particolare dal Viminale, stiano conducendo il Paese in uno spazio che non è quello dello Stato di diritto, è una sensazione fondata? Che cosa sta accadendo?
Sullo Stato di diritto io sento tante voci, tipo la delegazione che è salita a bordo della Diciotti qualche giorno fa. È inevitabile constatare la tristezza dalle immagini che si sono viste ed è molto duro vedere su una nave militare italiana una situazione di questo tipo. Quindi, difficile dire che si rispetti lo Stato di diritto in una situazione del genere, ma quale Stato di diritto c’era con i Governi Gentiloni e Renzi sul tema della migrazione? Non era Stato di diritto quello, ancora meno di quello che stiamo cercando di far valere adesso, sia pure con evidenti forzature, ed anche frasi odiose per una gran parte dell’opinione pubblica e della sensibilità italiana ed europea. Lo Stato di diritto è stato pesantemente violato per esplicita ammissione e le cito due fatti in particolare. Uno, quando abbiamo rinnovato l’Operazione Sophia, Frontex, chiedendo a tutti gli altri partner europei che tutti i migranti raccolti in mare da Frontex venissero portati in Italia. Ma quale Parlamento ha mai autorizzato una posizione del genere? Quale verità è stata raccontata all’opinione pubblica italiana? Era Stato di diritto questo? C’è stato qualche rispetto della prassi o delle norme costituzionali ed anche nei rapporti fra Parlamento ed opinione pubblica o fra Governo e Parlamento? Seconda grave violazione dello Stato di diritto in Europa, e parlo sempre dei Governi fra il 2013 ed il 2017, è che fra il 2014 e 2015, per esplicito riconoscimento e racconto di esponenti ed organi di Governo, circa 100.000 immigrati sono stati fatti entrare in Italia senza nessuna identificazione, senza nessuna procedura di controllo, perché così veniva reso più agevole il successivo passaggio di tutte queste persone in altri Paesi europei. Questo è stato uno dei macigni più pesanti che l’Italia si è tirata addosso in tutte le sedi comunitarie. Magari è anche una scusa per gli altri nel tentativo di liberarsi la coscienza nel dire che gli italiani, comportandosi in questo modo, sono già in violazione di alcune norme e prassi europee. Questo è il discorso sullo Stato di diritto. Continuerà ad essere un’emergenza finché non avremo la capacità di stabilire una vera strategia di regole e principi, a partire dalla revisione dall’accordo di Dublino, del diritto d’asilo, delle norme da applicare all’ingresso nel nostro Paese. E le norme sono molto semplici e riguardano esclusivamente il decreto flussi. Noi non possiamo fare altro che accettare degli immigrati legali. Possiamo decidere di accettare dei flussi di milioni di persone all’anno, teoricamente, ma ci devono essere delle regole che consentano una valutazione delle richieste e delle domande presentate nei nostri uffici all’estero. È inimmaginabile che si ridetermini una situazione nella quale noi diciamo venite il più possibile tanto poi modificheremo le leggi sulla cittadinanza.
La costatazione non è rasserenante. Il Partito Radicale Nonviolento è impegnato, da sempre, nell’attuazione dello Stato di diritto in Italia. Su questo aspetto delle migrazioni siamo in condizioni di non applicazione di quelle che sono le norme costituzionali. Qui, però, si apre un problema, perché bisogna vedere costituzione formale e costituzione reale. Bisognerebbe andarsi a vedere bene la Convenzione di Ginevra del ’51 nella sua finalità sostanziale e nella sua redazione formale. I trattati europei che riguardano lo stato di rifugiato, il diritto d’asilo. Non sono dei problemi semplici. È evidente che viviamo su un altro pianeta se pensiamo di garantire a tutto il mondo delle libertà che buona parte del mondo non riesce a godere nei rispettivi Paesi. Se ci limitiamo solo agli aspetti formali e non alla realtà sostanziale dello Stato di diritto prendiamo una china pericolosa.
La cosa che mi da un po’ fastidio è sentire tutte queste voci così accanite, forse ognuno ha le sue ragioni ed anche dei motivi politici per far sentire la sua voce. L’attuale accanimento sulla violazione dello Stato di diritto per quello che sta avvenendo da due mesi a questa parte, da parte del Governo, erano le stesse voci che incitavano in direzione completamente opposta con i Governi precedenti. Io ho sentito autorità cittadine in Sicilia, di grande visibilità nazionale, acclamare al fatto che la Sicilia voleva il maggior numero di migranti possibili, perché vuole diventare una regione meticcia, multietnica. Lei si immagina delle dichiarazioni di questo tipo, che vengono recepite dai mercanti di clandestini, che si inseriscono perfettamente nel marketing che queste organizzazioni fanno in giro per l’Africa e forse anche più lontano. Sono stati appelli fortemente irresponsabili per quanto riguarda la tenuta dello Stato di diritto in Italia. Nessuna di queste voci, però, si lamentava del fatto che atteggiamenti di questo tipo erano in violazione dello Stato di diritto, perché incoraggiavano la plateale violazione di leggi dello Stato sui criteri d’ingresso nel Paese. Quindi, allora, attenzione. Sicuramente mi preoccupa ogni segno di cedimento dello Stato di diritto, ma sul tema migratorio lo Stato di diritto in Italia ha ceduto da troppi anni ed è inutile accorgersene ora. Anche quelli che hanno creato questo cedimento prima, dovrebbero almeno avere la decenza di starsene un po’ più tranquilli ora e di lavorare con maggiore coesione e volontà di soluzione dei problemi.
Il tema della migrazione è di altissimo profilo, come priorità, ma non è una battuta sulla nave Diciotti, su Salvini o su Di Maio che risolve il problema. C’è ben altro e c’è un’esigenza di coesione e di attenzione allo Stato di diritto in una prospettiva che non sia da giorno per giorno, ma che sia di consapevolezza a ben più lungo termine ed in una visione futura del Paese.
Uno dei più raffinati giuristi italiani, Giovanni Maria Flick, ha fatto un intervento su ‘RaiNews24’ sulla vicenda Diciotti nel contesto del quale magistralmente ha ricapitolato i come e i perché -da noi più volte, per altro, con Giancarlo Guarino, evidenziati- l’Italia in questa vicenda sta violando la sua Costituzione. Condivide?
Ma quando abbiamo fatto entrare quasi 100.000 persone senza registrarle la Costituzione era stata perfettamente attuata? Per il professor Flick ho un’altissima ammirazione e una grandissima stima, non mi permetterei mai di commentare cose che lui ha detto, è una sua valutazione, però la mia posizione è quella che quando parliamo di questi temi bisogna guardare la genesi e di guardare non soltanto all’altro ieri, ma a quello che sta succedendo da almeno sei anni sul tema migratorio.
E per quanto riguarda il diritto internazionale? Rischiamo qualcosa?
Ecco, diritto internazionale. Nelle relazioni fra Stati, e non soltanto nelle relazioni fra questi, ma anche nel campo dei diritti umani, anche i diritti degli individui sono diventati parte del diritto internazionale. C’è chi ha lanciato una teoria sul diritto dell’umanità, per non parlare poi del diritto penale internazionale. Cioè, il diritto internazionale è una dimensione che fa fatica ad avere strumenti di attuazione perché sappiamo che, per sua stessa natura, dispone di strumenti attuativi deboli poiché si basa sulla volontà degli Stati che sono i soggetti del diritto internazionale. Soggetti, ma non esclusivi soggetti del diritto internazionale, essendo diventati sempre più individui, o altre dimensioni della società globale, rilevanti per il diritto internazionale. Ma il diritto internazionale è un diritto cogente, impegna a cominciare da tutti gli Stati e da tutte le realtà che hanno personalità giuridica, quindi è un diritto obbligatorio. Le violazioni del diritto internazionale devono avere delle conseguenze. Quando la Russia si appropria, nei modi che abbiamo visto, della Crimea, il diritto internazionale non può rimanere fermo e quindi l’UE si è mossa sanzionando Putin, così come gli USA e così come l’Assemblea Generale dell’ONU che ha dichiarato con quasi plebiscitaria maggioranza l’illiceità del referendum in Crimea. Così come il diritto internazionale è violato dall’uso di armi chimiche documentato da parte di Assad e reazioni ce ne sono state anche in questo caso. In materia migratoria e violazioni del diritto internazionale: ci sono state violazioni? ci sono stati ricorsi alla Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja? ci sono state decisioni della Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja nei confronti di Paesi che hanno determinato i flussi migratori? nella guerra civile siriana, per esempio, qualcuno è mai stato portato in giudizio di responsabilità per le conseguenze, oltre che per le morti causate, anche per i flussi migratori e per la cacciata di parte del popolo siriano dalla Siria? la navigazione non autorizzata in acque libiche è stata mai portata alla Corte Internazionale di Giustizia o al Tribunale sul diritto del mare ad Amburgo?
Allora queste sono le dimensioni nelle quali si deve discutere la violazione del diritto internazionale. Dove stiamo andando nell’evoluzione del diritto internazionale sui temi migratori? Ci sono comportamenti assolutamente diversi. Veniamo ad un esempio specifico. Abbiamo visto che si è rinnovata la seconda tranche, 4 miliardi di euro se non sbaglio, di sostegni europei alla Turchia per rinnovare l’assistenza per quanto riguarda i profughi siriani ed impedire che si riapra la rotta balcanica da quelle parti. Non se n’è parlato molto, ma c’è anche un accordo, su una cifra analoga, fra Berlino e Kabul per quanto riguarda i flussi dall’Afghanistan, per il rimpatrio di decine di migliaia di afghani che devono essere rimandati indietro, in base ad accordi fra i due Governi. Siamo sui circa 11/12 miliardi di euro di fondi europei impegnati per risolvere queste due rotte di immigrazione verso l’Europa centrale o settentrionale. Nel Mediterraneo centrale cosa è successo come interventi dell’UE? Qualche centinaia di milioni per quanto riguarda la faticosissima opera di rapporti con le realtà esistenti in Libia, che sono estremamente complesse. Ma si tratta anche con le disponibilità finanziare che sono lontane da quelle citate in precedenza. Se si trattasse con quelle cifre il gioco cambierebbe completamente. Ma anche qui, attenzione, queste sono prassi, sono comportamenti di Paesi che non sono giuridicamente irrilevanti e qualsiasi cosa un Paese faccia in politica estera ed in qualsiasi campo dello scibile umano come Paese, Stato, Governo, come società della realtà internazionale è rilevante giuridicamente, non è acqua fresca. È tutto diritto internazionale. Quindi, attenzione quando andiamo a sparare, violiamo di qua, io ti accuso di là, violi il diritto internazionale perché. Guardiamo bene, ci sono una serie infinita di salvaguardie per gli Stati che subiscono delle condizioni di vera e propria emergenza, come quella che noi abbiamo subito negli ultimi sei anni, che costituiscono dei disclaimer molto importanti, che possono essere fatti valere. Non a caso è accaduto che, in tutti questi anni, io non ho letto di una grande giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia, né della Corte del Tribunale di Amburgo sul diritto del mare su questi temi del Mediterraneo centrale. Anche qui, un attimo di serietà.
Al di là dei giochetti e della polemica politica, quali sono i rischi strutturali per la democrazia se, come ci pare, il Viminale si sostituisce alla Farnesina? Per altro una tendenza già iniziata con il precedente Governo, quando, di fatto, il Viminale ha tracciato e attuato la politica estera italiana.
Lo si dice anche ogni tanto fra Farnesina e Difesa. Non mi tacci di parzialità essendo vissuto per tanti decenni al Ministero degli Esteri e sono fiero di essere stato un rappresentante del nostro mondo diplomatico. La Farnesina deve avere una ruolo traente su tutte queste tematiche, ma di assoluto concerto con tutti i Ministeri che si interessano di questo. Ricordo ancora la stagione 2012, quando il Presidente Monti fece un’importante visita a Tripoli, per riannodare le relazioni con il Governo di transizione e fece le dichiarazioni di Tripoli. Una delle primissime cose che facemmo fu la riattivazione della Guardia Costiera e cercammo anche di creare delle condizioni per dare delle forniture anche di materiale per il controllo dei confini. Poi tutto si arenò nei mesi successivi perché il Governo di transizione decadde sotto l’ondata dell’islamismo dei Fratelli Musulmani, che nel frattempo avevano vinto la presidenza in Egitto, e quindi tutta la corrente del fondamentalismo islamico si riversò purtroppo sulla ricostruzione libica del post Gheddafi e molte di queste cose poi non si riuscirono a portare avanti. Ma lì è stato un esempio, perché sono stato testimone diretto, e l’avevo sostenuto come responsabile della Farnesina, il lavoro era stato fatto insieme al Ministero della Difesa, dell’Interno e dello Sviluppo Economico. Erano le quattro realtà che si muovevano di pari passo. Era magari il Ministero degli Esteri che prendeva l’iniziativa e convocava le riunioni interministeriali. Ma è così che si è sempre lavorato in questo tipo di situazioni.
L’Italia è certamente motivo di nervosismo presso le cancellerie europee e a Bruxelles innanzi tutto. E’ isolamento quello che si sta costruendo attorno all’Italia?
Mi è venuta in mente una frase del Ministro Salvini che ad una domanda simile ha risposto «se siamo isolati noi, sono isolati anche tutti gli altri». Ognuno guarda al proprio interesse. Se io fossi un militante di sinistra direi che l’interesse nazionale è dato da un’accoglienza indiscriminata. Venga chi vuole, abbiamo bisogno di gente che paghi i contribuiti pensionistici, il che è tutto da vedere che poi l’Inps viva dei contributi di chi arriva dal Mediterraneo. Abbiamo bisogno di braccia nuova, menti nuove, ed anche questo, commento personale, sì ma nelle categorie di lavoro che il Paese può recepire, di cui può avvalersi. Se appartenessi, invece, ad uno schieramento di destra-centrodestra, è naturale che io dica che l’interesse nazionale sia quello della protezione dei confini. Le frontiere italiane sono le frontiere dell’Unione e noi abbiamo una responsabilità italiana ed europea nel far rispettare la legge nell’entrata in questo spazio, di sovranità quindi. In sintesi queste sono le due posizioni che si contrappongono. Quindi, è chiaro che in Italia, un uomo di Governo, eletto democraticamente, che siede nel Consiglio dei Ministri, deve andare a Bruxelles a prendere posizioni ed esprimere le posizioni per il quale è stato eletto.
Quindi lei non vede un rischio isolamento?
Domanda. Se c’è un rischio di isolamento, per non essere isolati cosa dovremmo fare? Andare a prendere tutti gli immigrati che poi vogliono andare in Germania senza registrarli?
La questione migratoria viene da lontano. Lei ha vissuto il Palazzo di Vetro durante l’amministrazione di Kofi Annan. Al tempo si intuiva quanto sarebbe diventato quello dei migranti il tema del secolo?
Kofi Annan ha saputo rilanciare e reinterpretare l’Agenda per la Pace, uscita con Boutros Ghali, ed il suo motto era non c’è pace senza sviluppo e non c’è sviluppo senza rispetto dei diritti umani. Sono questi tre elementi pace, sviluppo e diritti umani che le Nazioni Unite devono avere per garantire o, perlomeno, per favorire le soluzioni di crisi e mantenere la sicurezza e la stabilità internazionale. Kofi Annan è stato un artefice, paladino dei Millennium Goals, divenuti poi un elemento permanente con risultati che sono stati propri della stagione di Annan e che si sono tradotti anche in quella successiva di Ban Ki Moon.
Le grandi crisi che erano scoppiate alla fine della Guerra Fredda, e durante l’arco degli anni ’90, erano viste come una ruota di innesco di un meccanismo con cinghia di trasmissione proprio sulla questione migratoria. Le operazioni di pace delle Nazione Unite con Kofi Annan divennero una funzione complessa che si poneva delle finalità militari, di sviluppo, di valutazione dei flussi migratori e di interazione con le agenzie di sviluppo. Si vedeva in tutte le crisi, che erano determinate dall’instabilità, delle crisi nelle quali si stava alimentando una dinamica migratoria, che era ancora lontana dall’assumere le proporzioni che ha preso adesso, anche perché molte delle crisi di allora si sono aggravate. Il quadro politico degli ultimi anni non ha fatto che aumentare questa spinta dei flussi migratori.
Quale l’effettivo potere, politico-morale, dell’ONU nell’indirizzare le politiche in materia di migranti?
L’ONU sta facendo un ottimo lavoro per quanto riguarda l’assistenza alla vita, il rispetto delle dignità, dei diritti umani delle persone che si trovano in queste terribili condizioni e che devono affrontare traversate continentali. È controproducente creare nella testa di persone che hanno fame l’idea che poi, tutto sommato, si può affrontare qualsiasi rischio per la propria vita, la propria dignità, mettendosi in marcia verso un ‘Eldorado’ che poi non esiste. Il potere che hanno le Nazioni Unite è indubbiamente quello del potenziamento dell’assistenza, attraverso UNHCR o altre agenzie, ma anche un potenziamento delle capacità d’intervento per lo sviluppo e di mobilitazione delle risorse. Io sono stato testimone, in tantissimi anni nelle Nazioni Unite, di appelli dell’ONU per raccolta fondi, di pledge, di promesse fatte da Stati membri e non adempiute. Molti si presentano al tavolo, promettono e poi i soldi non vengono mai iscritti in bilancio. Se ci fosse un rispetto dei pledge da parte dei membri delle Nazioni Unite sarebbe già un grande passo in avanti. Ma poi c’è una funzione politica di grande importanza: definire delle regole che corrispondano a questi enormi sfide che abbiamo davanti. Le regole non ci sono a partire da una condizione fondamentale. Se lo Stato di diritto, sia pure in modo incompleto e non perfetto, è attuato solo in una parte del mondo, ed è completamente negato in gran parte dell’umanità, è chiaro che i flussi migratori sono un tema che riguarda solo quella parte del mondo che più tutela la vita umana. Com’è che non ci sono questi milioni di migranti verso la Russia o la Cina? Guardando ad un’istituzione internazionale, mondiale, che è il faro del diritto internazionale e delle relazioni internazionali, il problema è se le Nazioni Unite devono dare un impulso di carattere giuridico e legale al fenomeno migratorio, devono guardare all’umanità nel suo insieme, non può essere limitato alla critica ed alla pressione sui Paesi che si comportano infinitamente meglio di tutto il resto della popolazione rappresentata in Assemblea Generale. Questa è la difficoltà, e torniamo ad un punto fondamentale, che poi si riflette sugli equilibri di potere. Potere che è in mano ai cinque ambasciatori che sono i rappresentanti permanenti del Consiglio di Sicurezza, il quale non si occupa di migrazioni, così come non si occupa di diritti umani, di cultura, di conflitti ideologici o di religioni. Solo di striscio, da qualche anno, nelle risoluzioni del CdS si parla di Stato di diritto, di diritti umani, ma di fenomeni migratori ancora no. Si parla magari di fattori climatici, di ambiente, ma molto di striscio, e con enormi difficoltà. Questo perché ci sono cinque Paesi che sono, in realtà, padroni dell’ONU. Essere nelle condizioni di un membro permanente del CdS, con diritto di veto intramontabile e non modificabile, irrevocabile per tutta l’eternità, dà a USA, Francia, Inghilterra, Russia e Cina, la capacità di opporsi a qualsiasi cosa. Questi equilibri si riflettono poi sull’Assemblea Generale, in maniera prepotente, perché ognuno dei cinque ha le sue catene di seguaci, di lobbying e di capacità di influire sull’Assemblea Generale. In prospettiva l’ONU, però, sta facendo un lavoro straordinario, faticosissimo, per un problema che andrà ad ingigantirsi nei prossimi anni se le regioni da cui si originano questi flussi migratori non diventano stabili. Prendiamo per esempio la Siria. Questi flussi migratori sono stati un’arma politica in mano a chi ha utilizzato la guerra civile siriana per mantenere il potere, innanzitutto Assad, e di accrescerlo nell’intera area medio-orientale, Putin, Rouhani o Khamenei.
Quale politica migratoria ci dobbiamo attendere per i prossimi anni dalle Nazioni Unite?
Cosa possono fare le Nazioni Unite? Sviluppo, sviluppo e sviluppo. Deve essere un’azione molto sostenuta sulla capacità di creare delle aspettative alle nuove generazioni. Certo, ci sono poi delle difficoltà, come la presenza di molti dittatori, o equivalenti tali, nelle regioni sub-sahariane. Lo sviluppo richiede un passaggio politico molto forte. Cosa dobbiamo fare? Incrociare le braccia e aspettare che vengano milioni di persone perché ci sono dittatori, criminali, che derubano i loro popoli? Noi dovremmo pagare le conseguenze di tutto questo? Allora bisogna porre delle condizioni nelle relazioni internazionali, che non sono mai bianco e nero, ma hanno spesso delle gradualità altamente sofisticate, delle strategie comuni, che se non sono europee nel loro insieme siamo in condizioni di grave debolezza.
In chiusura Le vorrei chiedere: come immagina l’Italia tra un decennio?
Io la immagino fatta con una classe di giovani straordinariamente preparati che vedo lavorare. Una delle più grandi soddisfazioni che ho avuto in questi ultimi anni è quella di vedere un bel gruppo di giovani di grande passione, di responsabilità, che hanno una grande competenza.
Come vede il tema migrazione tra un decennio?
Fra un decennio non mi angoscerebbe più di tanto se riusciremo a ristabilire le regole che abbiamo completamente violato, all’interno ed all’esterno del Paese. Chi sta qui deve rispettare il nostro mondo, le libertà fondamentali, la parità di diritto fra uomini e donne. Queste regole devono assolutamente riaffermate da oggi in poi e per i prossimi 10 anni, nel mondo dell’educazione, nel mondo della scuola, dell’ordine pubblico. Il mondo delle regole, quindi dello Stato di diritto.