UN ITALIANO MORTO…PER NON DIMENTICARE! Sono passati ormai quindici lunghi anni da quel tragico 13 Marzo a Ramallah, quando Raffaele Ciriello ha perso la vita in nome di un ideale e una passione che da tempo davano un senso profondo alla sua esistenza: la forza impetuosa, incomprimibile, della ricerca della verità e della diffusione della conoscenza. La sua passione di fotoreporter lo portava a testimoniare, documentare e far comprendere al grande pubblico e a tutti coloro che rivestono ruoli politici l’assoluta necessità della “conoscenza”. Quel periodo di “seconda Intifada”, nel marzo 2002, precedeva di poco un’operazione militare in Iraq concepita e attuata nella più pericolosa negazione della “conoscenza” stessa, com’è stato documentato in tutta la sua devastante portata solo dopo molti anni, con il Rapporto Chilcot. Quel giorno, tra il fuoco di fazioni armate palestinesi e le Forze Armate Israeliane nella West Bank, un coraggioso reporter del Corriere della Sera stava denunciando la violenza di scontri sanguinosi con immagini che in altre circostanze aveva riservato alle angosce – ma anche alle speranze – dipinte sui volti dei bambini coinvolti in guerre assurde. A quindici anni dal sacrificio di Raffaele Ciriello a Ramallah, mentre stiamo portando avanti la battaglia indicataci da Marco Pannella per l’affermazione del “Diritto alla conoscenza”, non posso che avvertire una impressionante continuità nei “segni”, come direbbe Cohelo, che guidavano Ciriello nella dura e rischiosa affermazione della verità attraverso la lente della cinepresa. In questi ultimi quindici anni, altre stragi, guerre civili, ondate di terrorismo, conflitti di una violenza inaudita hanno distrutto fisicamente e moralmente generazioni di quei bambini che un grande reporter aveva fissato nelle sue immagini. Molti di quei bambini si saranno probabilmente persi nel labirinto delle guerre, altri sono sicuramente diventati adulti in una realtà auspicabilmente migliore, alcuni conservano certamente nella loro memoria l’affetto per il sorriso gentile e l’espressione calda di umanità solidale di quel fotoreporter italiano che li aveva fatti sentire speciali in momenti per loro tanto difficili. La sua scomparsa, segnò le primissime settimane della mia missione diplomatica in Israele, e mi ha toccato in modo profondo; non è mai passata una ricorrenza dalla scomparsa di Raffaele senza che tornassi a pensare a come si sarebbe potuto e dovuto evitarla, e con il trascorrere degli anni si è radicato sempre profondo in me il convincimento che Raffaele sia stato protagonista dell’immensa sfida che abbiamo tutti dinanzi ma che troppo spesso dimentichiamo: quella della conoscenza della Verità. Questo è forse il più importante omaggio simbolico che posso, che possiamo fare, a quell’Uomo. GRAZIE A TUTTI VOI e buon fine settimana!
Pubblicato sulla mia pagina facebook, qui il post originale.