A 2 SETTIMANE DALLA STRAGE DI BARCELLONA: PIU’ IMMIGRAZIONE…UGUALE PIU’ TERRORISMO…? Molti di Voi mi hanno domandato cosa pensassi di questa potenziale correlazione, in innumerevoli commenti ai post su questa pagina, specie a seguito dei tragici e sanguinosi avvenimenti che negli ultimi anni hanno sconvolto il mondo. E’ vero: l’Europa stessa ha conosciuto altre recenti “epoche del terrore” – basti pensare all’epoca del terrorismo Basco, o nord- Irlandese, ed anche in Italia non siamo stati esenti da fatti di sangue legati al terrorismo – e gli islamisti radicali *colpiscono con altrettanta veemenza anche in Medio ed Estremo oriente*, mietendo numerosissime vittime tra i loro correligionari, il che – come ho spiegato in un mio precedente post qualche mese fa – rende troppo semplicistiche le letture di alcuni sullo “scontro di civiltà” o “scontro di religioni”: i fenomeni complessi non sono risolvibili mai con facili “slogan”, e la vivacità e profondità del dibattito all’interno di questa stessa community non fanno che confermarlo. Pur tuttavia, nel farci un’opinione, non possiamo non includere nel ragionamento alcuni fattori, che provo a elencare in una specie di “decalogo”:
1) in Europa vi sono comunità emarginate dal progresso economico dei Paesi che le ospitano. Si tratta di persone che sono partite alla “ricerca di un mondo migliore” (spesso pagando cari prezzi, in termini di denaro ma anche di vite umane di loro famigliari, sfruttati dai moderni “trafficanti di schiavi”) ma che – a differenza della migrazione italiana di fine ‘800/inizi ‘900 – hanno rivolto la loro attenzione a paesi come i nostri, già in profonda crisi, che non sono minimamente in grado – attualmente – di assorbire in modo “sostenibile” questi flussi migratori, o che comunque, se ci riferiamo alle prime ondate migratorie di 20 anni fa, non sono riusciti (per motivi che sarebbe lungo elencare su Facebook) a integrarli efficacemente;
2) sul processo d’integrazione di parte di queste comunità pesano in ogni caso negativamente ideologie e orientamenti religiosi che rifiutano i valori di libertà, i diritti della persona e a volte anche le stesse leggi dei Paesi ospitanti;
3) il numero complessivo degli stranieri in Italia – legali e non – viene stimato attualmente attorno nel 10% della popolazione complessiva. Tra questi, le Comunità Musulmane crescono più rapidamente anche per effetto della nostra “politica della porta aperta”. L’insieme di questi elementi, a giudizio di quanti hanno studiato a fondo il fenomeno della radicalizzazione e del fondamentalismo islamico negli altri Paesi europei, potrebbe portare in pochissimi anni il modello italiano al “punto di rottura” già verificatosi in Gran Bretagna, Francia e Belgio;
4) fino al marzo 2015, quando un attacco al museo tunisino del Bardo ha provocato quattro vittime italiane, con la prova che l’organizzatore dell’attacco, Abdel Majid Touil, aveva viaggiato in un barcone di clandestini dalla Libia a Porto Empedocle senza essere individuato dalla Polizia italiana nonostante si trattasse di un ricercato, il Governo italiano si era trincerato dietro la tranquillizzante versione che “i terroristi non viaggiano tra i migranti”, una tesi che il Ministero dell’Interno continuò ad affermare anche dopo la richiesta di estradizione tunisina del terrorista. Di fatto, sino alla tragedia del Bardo, chi si azzardava ad affermare che il traffico di migranti poteva e può essere utilizzato dalle organizzazioni criminose sulla rotta Mediterranea e Balcanica anche per favorire i terroristi, o che radicalizzazione e estremismo riguardano anche le Comunità Musulmane in Italia, veniva prontamente bollato come “populista” o “islamofobo”, e accusato di strumentalizzare le ansie del pubblico per finalità elettorali;
5) peccato che negli episodi che hanno colpito dal 2015 Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Tunisia e Bangladesh, si sono ripetute decine di casi di terroristi transitati dall’Italia o nati da genitori musulmani in Italia. Inoltre, si cerca di far passare in secondo piano anche l’accresciuta minaccia derivante da uno Stato Islamico insediatosi a Sirte nel 2014, per poi esserne cacciato da Milizie e da Forze Armate Libiche, ma senza essere veramente neutralizzato: sarebbero migliaia i militanti dell’ISIS che si sono trasferiti proprio nel Sud ovest libico, lanciando proclami minacciosi contro l’Italia;
6) esiste – non dobbiamo nascondercelo – un problema *serio* di affermazione dei nostri valori democratici e liberali. In troppi sono riluttanti nell’affermarli con la necessaria convinzione, e questo non fa che incoraggiare l’Islam radicale nel diffondere il suo messaggio. Siamo noi stessi i primi a dubitare dei nostri principi e della solidità della nostre istituzioni democratiche e liberali: ogni volta che scuole e insegnanti si mostrano timidi e riluttanti nell’affermare i nostri valori, quando permettono che nelle loro classi si diffonda propaganda all’odio e all’antisemitismo come accaduto nelle manifestazioni in scuole francesi e belghe dopo i massacri del 2015, gli islamisti radicali e gli estremisti “vincono una battaglia”, e lo stesso avviene quando ai livelli più alti delle nostre Istituzioni e nel mondo politico si nascondono i simboli della cultura occidentale e della Cristianità per “compiacere” visitatori di Paesi Musulmani, atteggiamento assolutamente vergognoso qualora adottato da istituzioni pubbliche che dovrebbero essere laiche per definizione;
7) a gennaio dello scorso anno è stato presentata al Parlamento il disegno di Legge D’Ambruoso su “Misure per prevenire la radicalizzazione e l’estremismo jihadista”. Si trattava di un programma di formazione per gli operatori di Polizia, della creazione di un sistema d’informazione integrato tra tutte le rilevanti Amministrazioni dello Stato ai diversi livelli, dell’adozione di programmi on-line tra studenti e insegnanti, di misure nel mercato del lavoro, dell’adozione di un Piano Nazionale per prevenire la radicalizzazione nelle carceri e incoraggiare la reintegrazione sociale dei detenuti, etc. Dopo diciotto mesi, in piena espansione dei fenomeni di radicalizzazione in Italia, *il disegno di Legge è rimasto nei cassetti*… Forse evaporerà definitivamente alla fine di una legislatura che più di ogni alta cosa ha voluto occuparsi anzitutto di *perpetuare i propri penosi equilibri*, con infiniti e inconcludenti dibattiti sul referendum costituzionale e legge elettorale. Alcune limitate misure – è vero – sono state adottate nei mesi scorsi dal Ministro dell’Interno Minniti, per le carceri e per la vigilanza su internet, e ben venga: ma non si può non essere sorpresi dal silenzio istituzionale sui processi di radicalizzazione nelle Moschee italiane e dall’assenza di misure efficaci per assicurare il rispetto della legalità nei confronti di centinaia di luoghi di culto abusivi. Si dovrebbe ricordare, tra l’altro, che il contrasto all’estremismo violento, quale forma di prevenzione del terrorismo, è un preciso impegno di tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite, contenuto nella Risoluzione 2178 (2014) e 2249 (2015) adottate dal Consiglio di Sicurezza ONU, e in ogni caso l’inserimento nel Codice Penale del “crimine di radicalizzazione” per quanti mettono in pericolo la sicurezza pubblica promuovendo e disseminando appelli all’assassinio di persone accusate di apostasia, e ad attuare punizioni attraverso la tortura la mutilazione, la flagellazione, la negazione della libertà religiosa, la riduzione in schiavitù o il traffico di esseri umani, *avrebbe dovuto costituire la risposta più adeguata* da parte del mondo della politica a quella che si delinea come un emergenza in termini di sicurezza con la quale avremo a che fare – purtroppo – ancora per molti anni;
8) chi predica l’assenza di fenomeni di radicalizzazione su vasta scala in Italia, *o sbaglia o mente*. In un suo importante lavoro il Professor Lorenzo Vidino ha ricordato il numero crescente d’indagini e di arresti di jihadisti spesso nati e cresciuti nel nostro Paese, in comunità d’immigrati arabi, radicalizzati in Italia. Secondo Vidino, il jihadismo in Italia ha seguito un percorso un po’ diverso da quello degli altri Paesi dell’Europa occidentale, ma comunque l’Italia è stato uno dei primi Paesi del Continente ad essere testimone di attività jihadiste su scala relativamente ampia: negli anni ’90 i network jihadisti già presenti in Italia hanno avuto un ruolo importante nell’affermarsi della jihad globale, militanti nordafricani si sono stabiliti in diverse regioni del nostro Paese, Milano è rapidamente diventata un “hub” jihadista indiscusso, con la fondazione dell’Istituto Culturale Islamico di Viale Yenner nel 1982, ad opera dell’Organizzazione egiziana Al-Gama’a al-Islamiyya. L’Istituto Culturale Islamico ha acquisito ancora maggiore importanza per il jihadismo globale allo scoppio della Guerra Bosniaca nel ’92: non solo l’Imam di Viale Yenner Anwar Shaban era il comandante dei combattenti nel battaglione dei Mujahideen bosniaci, ma Milano era lo snodo cruciale per l’invio dei documenti, finanziamenti, sostegno logistico ai volontari che si recavano in Bosnia. Il primo attentato suicida in un Paese europeo è avvenuto nel ’95 con l’attacco a una stazione di Polizia di Rijeka da parte di un residente a Milano di discendenza egiziana. L’Istituto Culturale Islamico di Viale Yenner ha continuato le sue attività negli anni ’90 e all’inizio del 2000 continuando a essere nella definizione del Dipartimento del Tesoro americano “la principale stazione di Al-qaedea in Europa“: predicatori fondamentalisti erano ospiti abituali dell’Istituto così come militanti tunisini, algerini, marocchini, con documenti contraffatti, fondi e reclute che da Milano andavano ad alimentare i gruppi jihadisti dall’Algeria al Pakistan e all’Iraq, dove diversi terroristi reclutati a Viale Yenner compivano azioni suicide. A partire dalle fine degli anni ’90, affiliati alla Moschea di Viale Yenner hanno preso possesso di locali ad uso moschee a Como, Gallarate, Varese, Cremona, e sono stati coinvolti in attività criminali, incluso il furto di armi a Torino e a Bologna. Negli ultimi anni i fenomeni di radicalizzazione tra le comunità musulmane immigrate sono ricomparsi nuovamente in misura diffusa, con arresti nel 2012 e nel 2013 di immigranti marocchini a Brescia e a Milano, nel 2013 ancora di altre persone di origine marocchina nella regione di Brescia, e con la scoperta di jihadisti genovesi uccisi in Siria. Questi casi si situano in una tendenza al radicamento jihadista in Italia che si è affermata più lentamente che in altri Paesi europei – anche a causa di fattori demografici, dal momento che l’immigrazione su larga scala da Paesi musulmani verso l’Italia si è verificata solo a partire dalla fine degli anni ‘80 e inizio degli anni ’90, e quindi tra i venti e quarant’anni più tardi che in Francia, Germania, Gran Bretagna e Olanda – ma in modo non meno preoccupante. Mi chiedo: come si possono ignorare questi fatti…?
9) uno studio importante effettuato da un ricercatore del Kings College di Londra, ha dimostrato che percentuali statisticamente significative di queste centinaia di migliaia di giovani uomini e donne che abbracciano idee radicali, sostengono la violenza, il martirio, giustificano il terrorismo, sono in altissima percentuale antisemiti e auspicano – neanche a dirlo – la completa distruzione di Israele, il che – al di la del grado di accordo di ognuno sull’attuale politica di Israele – dovrebbe preoccupare qualunque cittadino si ritrovi nel quadro di valori occidentali;
10) in conclusione, i Paesi europei devono affrontare la sfida dell’immigrazione e del “jihadismo europeo”, sia sul piano interno che nella loro politica estera e di sicurezza, con anche una strategia congiunta che garantisca gli equilibri regionali soprattutto nel Golfo, contenendo ad esempio le ambizioni iraniane e la pesante interferenza di Teheran nell’arco di crisi che va dallo Yemen alla’Iraq, alla Siria ed al Libano, ma soprattutto con la concreta consapevolezza che se è certamente vero – e ci mancherebbe – che un immigrato in più sul territorio nazionale ed Europeo non significa necessariamente un radicalizzato/terrorista in più, è altrettanto vero che un immigrazione incontrollata economicamente insostenibile *rischia di creare i presupposti per quell’emarginazione sociale che della radicalizzazione non può che essere madre*… VOI COSA NE PENSATE?
Pubblicato sulla mia pagina facebook, qui il post originale.