TRUMP SI…O TRUMP NO…? Molti di Voi mi hanno domandato a più riprese cosa pensassi della nuova Presidenza USA, in diversi commenti ai post su questa pagina, specie a seguito dell’ampia copertura data dalla stampa mainstream delle varie “bizzarrie” di questa nuova Amministrazione. Dopo il chiarimento che ritengo di aver dato con il mio post di qualche giorno fa sulla *potenziale correlazione tra immigrazione incontrollata e radicalizzazione #jiiadista*, ci tengo quindi a rispondere anche a questo stimolo, e lo faccio suggerendo a tutti – nel farci un’opinione, quale che sia la sensibilità politica di ognuno – di includere nel ragionamento alcuni fattori, che provo ad elencare qui di seguito in cinque punti salienti:
1) il quadrante geopolitico dove il nuovo “concept” di politica estera dell’Amministrazione #USA si sta manifestando con maggior precisione e chiarezza – come il recente “tour” in Europa del Presidente #Trump conferma – è certamente il *Medio Oriente*. Si tratta di una componente storicamente cruciale nella politica estera americana, e di un “ terreno di crisi” sul quale si sono dovuti cimentare tutte le Presidenze americane del dopoguerra. La riluttanza a impegnarsi seriamente nella crisi siriana, la debolezza sulle “linee rosse” contro l’uso delle armi chimiche da parte di #Assad, i pesanti riflessi che questa “debolezza” ha prodotto in #Crimea, nel Mar della #Cina e in #NordCorea, sono costati più di ogni altra cosa alla credibilità internazionale di #Obama. Le critiche rivoltegli sono state soprattutto di aver “lasciato il Medio Oriente a se stesso” e di essersi contraddetto e sbagliato sulle Primavere Arabe, sulla crisi Siriana, e soprattutto nei rapporti con l’Iran e con i paesi del Golfo, mentre ad esempio sull’Iran la posizione di Trump è sempre stata “realista” e consapevole della minaccia insita nel regime teocratico iraniano e nelle sue crescenti ambizioni di dominio regionale; una visione opposta a quella marcatamente “idealista“ di Obama, convinto invece che il regime potesse trasformarsi e diventare un partner affidabile sul piano regionale, contrastando *senza doppio-giochismo* il terrorismo islamico, e rinunciando definitivamente all’arma nucleare, qualora incoraggiato da vantaggi economici. Gli ultimi otto anni di Obama hanno dimostrato quanto tale convincimento fosse basato solo sulla speranza: i fatti hanno provato l’irremovibile continuità dell’islamismo sciita di #Teheran nell’indurire il sistema repressivo all’interno, potenziare le sue attività militari e l’influenza sciita in #Iraq, #Siria, #Yemen, e incoraggiare il terrorismo internazionale tramite il finanziamento a oltre 200 gruppi estremisti, se possibile anche rafforzato dall’atteggiamento incomprensibile dei Governi #Renzi e #Gentiloni, che *continuano a presentare quel Paese come il nuovo Eldorado per le aziende italiane*, laddove siamo invece dinnanzi a un regime totalitarista che finisce per venir legittimato da questo genere di miopi atteggiamenti;
2) in #ArabiaSaudita – paese dove *non dobbiamo nasconderci* vi sono ancora molti passi avanti da fare in tema di diritti umani e della donna, tematiche che non dovrebbero *mai* essere stralciate dalle agende degli incontri diplomatici bilaterali e multilaterali, come invece purtroppo spesso accade – la visita del Presidente Trump si è conclusa con una “Dichiarazione congiunta di visione strategica” che preannuncia una “robusta e integrata architettura di sicurezza regionale”, basata sull’impegno che tutti i Paesi Arabi e #musulmani devono esprimere per “prosciugare” le loro società dai terroristi e da chi li sostiene; inoltre, durante la recente visita è stato inaugurato il nuovo Centro Globale per combattere l’estremismo ideologico: un passo significativo, proprio nel cuore del dell’islam #Wahabita, noto per le sue connotazioni “conservatrici”. In questo senso, il discorso del Presidente americano è stato giustamente centrato sul comune desiderio di Musulmani, Cristiani e Ebrei di vivere senza il timore della violenza motivata da pretesti religiosi;
3) altra nota interessante riguardo alle posizioni di quest’Amministrazione – che mi trova perfettamente concorde – è quella sul finanziamento alla #NATO, dove siamo – in Italia in particolare – decisamente carenti. Superata la contradditorietà dei messaggi espressi dal “candidato Trump” prima della sua elezione, iI “security team” – formato dal Segretario di Stato #Tillerson, di quello alla Difesa #Mattis, dal Consigliere alla Sicurezza Nazionale #McMaster, e le più alte autorità militari – non ha mancato *una sola occasione* per marcare il punto: il Comando USA per l’Europa ha annunciato un aumento di stanziamenti del 35%, per accrescere le capacità di difesa aerea, di ricognizione, di pre-posizionamento degli armamenti in Europa e di spiegamento di sommergibili, e anche di rilievo è la riattivazione di un Comando NATO nell’Artico per far fronte a una presenza militare Russa in rapidissima crescita, giudicata pericolosa per la libertà di navigazione in quell’area. “Questo comprova – ha detto il Generale Ben Hodges, Comandante delle forze USA in Europa – l’impegno degli Stati Uniti, e deve rimuovere una volta per tutte i dubbi dei nostri alleati e dei nostri potenziali avversari su quanto noi teniamo alla stabilità e alla sicurezza in Europa, e su quanto siamo determinati a usare la nostra deterrenza nei confronti della Russia o di altri potenziali avversari”. Al di la delle dichiarazioni di taglio militare, il significato politico di queste posizioni è chiarissimo: è un modo per affermare la perdurante solidità di un cardine del Trattato di Washington, istitutivo della NATO: l’art. 5 che impegna ogni stato membro dell’Alleanza a soccorrere militarmente qualsiasi altro Stato membro venga attaccato, nel fondamentale principio di “uno per tutti, tutti per uno”. Come criticare allora l’Amministrazione Trump quando afferma che “gli Stati uniti spendono il 4% del loro PIL per la difesa… e voi Europei dovete assumervi la vostra quota per la vostra sicurezza”…?
4) vorrei poi passiamo al lato più “emotivo” di questa analisi, facendovi notare come sia assai curioso che – paradossalmente – in Europa siano gli “anti-americani” a tifare più convintamente per Trump. Come illustrava bene, recentemente, un autorevole editorialista del Corriere della Sera, Angelo #Panebianco, Le persone più “invaghite” di Trump sono quelle storicamente più critiche verso il modello USA: sono anche protezionisti e isolazionisti, e vedono quindi di buon occhio il ritiro dai grandi accordi di scambio internazionale, o – per dirla con un termine in voga – #sovranisti, con derive, in alcuni casi, verso la dottrina del #suprematismo bianco. Questi elementi, con l’aggiunta di una necessità di amicizia incondizionata verso la #Russia (governata da quasi un ventennio da #Putin, altro leader che ha fatto della figura dell’ uomo forte al comando un “must”), agiscono da collante per quanti in Europa non hanno più alcuna fiducia nella Democrazia liberale e nelle istituzioni sovranazionali (specie quelle finanziarie, che obiettivamente di disastri ne hanno fatti molti, negli ultimi 15 anni…) e propongono quindi vie diverse, attratte da figure forti alla guida di “democrazie plebiscitarie” anziché dal pluralismo politico. Il fatto che la composizione dell’Amministrazione Trump non sia certo tale da far pendere l’ago della bilancia a sfavore della finanzia globale (molti membri del team sono riferibili a grandi corporation della finanza USA e internazionale…) è essere un “dettaglio” sul quale i sovranisti pro-Trump paiono disposti a chiudere gli occhi;
5) infine, certamente non ultimi per importanza, i valori, sui quali anche questa Presidenza USA dovrà misurarsi: “Atlantici” sono i principi della Dichiarazione d’Indipendenza americana, il pensiero politico, il progresso scientifico, la rete di alleanze e accordi di sicurezza che hanno animato negli ultimi settant’anni la Comunità Occidentale. Come conciliare questa nostra identità con la netta inversione di rotta auspicata da alcuni, di natura valoriale, culturale e politica, verso una “ chiusura” degli USA con magari un apertura verso la #Russia di Putin…? La simpatia verso un grande protagonista sulla scena internazionale, quale è da molti anni il Presidente Putin, si accresce quasi emotivamente per i suoi metodi assertivi, per la sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi con l’uso della forza, senza perdere tempo nell’adire le Corti di giustizia o gli Arbitrati internazionali (com’è stato purtroppo in Crimea). La crescente simpatia di alcuni Europei per la Russia di Putin si associa alla riscoperta, e spesso all’accettazione di un’asserita “superiorità” dei valori eurasiatici, quasi contrapposti a quelli atlantici. Si apprezzano le teorie di Alexander #Dugin, che – cito testualmente – affermava: “Per principio, l’Eurasia e la nostra terra, la Russia vera e propria, restano il centro di una nuova rivoluzione anti-borghese e anti-americana […] Il nuovo Impero Euroasiatico sarà costruito sul principio fondamentale del nemico comune: il rigetto dell’atlantismo, che è strategia di dominio degli USA, e il divieto di permettere ai valori liberali di dominarci. Questo impulso sarà la base di un’unione politica e strategica”. Ebbene, per alcuni europei valgono, inspiegabilmente, più le suggestioni di Dugin, che non gli scritti di Roger #Scruton, di Alain #Filkenkraut, di Benedetto #Croce… Al contrario, io credo fortemente nel messaggio di richiamato da Scruton, che si contrappone del tutto naturalmente alla dottrina della Grande Madre Russia: ”La consapevolezza che a tutti noi collettivamente è stato trasmesso un patrimonio positivo di cose buone per le quali dobbiamo lottare; la possibilità di vivere le nostre vite come vogliamo; la certezza di leggi imparziali, attraverso le quali le ingiustizie siano riparate; la protezione dell’ambiente quale patrimonio comune che non può essere sottratto o distrutto a capriccio d’interessi potenti; la cultura aperta e indagatrice che ha formato le nostre scuole e università; le procedure democratiche che ci consentono di eleggere i nostri rappresentanti e di adottare le nostre leggi. Queste, e molte altre cose, ci sono famigliari e le prendiamo per scontate, ma ora tutte queste cose sono sotto attacco…”.
CONCLUDO: dopo la caduta del Muro di Berlino trentaquattro paesi, compresa l’URSS, firmavano – era il 21 novembre 1990 – la Carta di #Parigi per una Nuova Europa, la quale conteneva un netto richiamo ai valori della nostra identità Europea e Atlantica; merita ricordarli oggi, con forza, dal momento che sono rimessi da alcuni in discussione: “Ogni persona ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, alla libertà di espressione, alla libertà di associazione e di riunione pacifica, alla libertà di movimento; nessuno sarà arbitrariamente arrestato o detenuto, sottoposto a tortura o ad altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; ciascuno ha inoltre il diritto di conoscere i propri diritti e di esercitarli, di partecipare a elezioni libere e corrette, a un procedimento giudiziario imparziale e pubblico se imputato di un reato, di possedere beni individualmente o in comune con altri e di gestire imprese individuali, e di godere dei propri diritti economici, sociali e culturali.”. A questo aggiungo la necessità di rispettare le minoranze – politiche, di credo, sociali, inclusa quella #LGBT, a rischio della vita in non pochi paesi del mondo – e di affermare senza alcuna ritrosia o timore i principi cardine dello Stato di Diritto, lottando contro la corruzione e le diseguaglianze, e dandone – nel nostro piccolo – testimonianza attiva nel vivere quotidiano. Questi sono i valori nei quali incrollabilmente creTRUMP SI…O TRUMP NO…? Molti di Voi mi hanno domandato a più riprese cosa pensassi della nuova Presidenza USA, in diversi commenti ai post su questa pagina, specie a seguito dell’ampia copertura data dalla stampa mainstream delle varie “bizzarrie” di questa nuova Amministrazione. Dopo il chiarimento che ritengo di aver dato con il mio post di qualche giorno fa sulla *potenziale correlazione tra immigrazione incontrollata e radicalizzazione #jiiadista*, ci tengo quindi a rispondere anche a questo stimolo, e lo faccio suggerendo a tutti – nel farci un’opinione, quale che sia la sensibilità politica di ognuno – di includere nel ragionamento alcuni fattori, che provo ad elencare qui di seguito in cinque punti salienti:
1) il quadrante geopolitico dove il nuovo “concept” di politica estera dell’Amministrazione #USA si sta manifestando con maggior precisione e chiarezza – come il recente “tour” in Europa del Presidente #Trump conferma – è certamente il *Medio Oriente*. Si tratta di una componente storicamente cruciale nella politica estera americana, e di un “ terreno di crisi” sul quale si sono dovuti cimentare tutte le Presidenze americane del dopoguerra. La riluttanza a impegnarsi seriamente nella crisi siriana, la debolezza sulle “linee rosse” contro l’uso delle armi chimiche da parte di #Assad, i pesanti riflessi che questa “debolezza” ha prodotto in #Crimea, nel Mar della #Cina e in #NordCorea, sono costati più di ogni altra cosa alla credibilità internazionale di #Obama. Le critiche rivoltegli sono state soprattutto di aver “lasciato il Medio Oriente a se stesso” e di essersi contraddetto e sbagliato sulle Primavere Arabe, sulla crisi Siriana, e soprattutto nei rapporti con l’Iran e con i paesi del Golfo, mentre ad esempio sull’Iran la posizione di Trump è sempre stata “realista” e consapevole della minaccia insita nel regime teocratico iraniano e nelle sue crescenti ambizioni di dominio regionale; una visione opposta a quella marcatamente “idealista“ di Obama, convinto invece che il regime potesse trasformarsi e diventare un partner affidabile sul piano regionale, contrastando *senza doppio-giochismo* il terrorismo islamico, e rinunciando definitivamente all’arma nucleare, qualora incoraggiato da vantaggi economici. Gli ultimi otto anni di Obama hanno dimostrato quanto tale convincimento fosse basato solo sulla speranza: i fatti hanno provato l’irremovibile continuità dell’islamismo sciita di #Teheran nell’indurire il sistema repressivo all’interno, potenziare le sue attività militari e l’influenza sciita in #Iraq, #Siria, #Yemen, e incoraggiare il terrorismo internazionale tramite il finanziamento a oltre 200 gruppi estremisti, se possibile anche rafforzato dall’atteggiamento incomprensibile dei Governi #Renzi e #Gentiloni, che *continuano a presentare quel Paese come il nuovo Eldorado per le aziende italiane*, laddove siamo invece dinnanzi a un regime totalitarista che finisce per venir legittimato da questo genere di miopi atteggiamenti;
2) in #ArabiaSaudita – paese dove *non dobbiamo nasconderci* vi sono ancora molti passi avanti da fare in tema di diritti umani e della donna, tematiche che non dovrebbero *mai* essere stralciate dalle agende degli incontri diplomatici bilaterali e multilaterali, come invece purtroppo spesso accade – la visita del Presidente Trump si è conclusa con una “Dichiarazione congiunta di visione strategica” che preannuncia una “robusta e integrata architettura di sicurezza regionale”, basata sull’impegno che tutti i Paesi Arabi e #musulmani devono esprimere per “prosciugare” le loro società dai terroristi e da chi li sostiene; inoltre, durante la recente visita è stato inaugurato il nuovo Centro Globale per combattere l’estremismo ideologico: un passo significativo, proprio nel cuore del dell’islam #Wahabita, noto per le sue connotazioni “conservatrici”. In questo senso, il discorso del Presidente americano è stato giustamente centrato sul comune desiderio di Musulmani, Cristiani e Ebrei di vivere senza il timore della violenza motivata da pretesti religiosi;
3) altra nota interessante riguardo alle posizioni di quest’Amministrazione – che mi trova perfettamente concorde – è quella sul finanziamento alla #NATO, dove siamo – in Italia in particolare – decisamente carenti. Superata la contradditorietà dei messaggi espressi dal “candidato Trump” prima della sua elezione, iI “security team” – formato dal Segretario di Stato #Tillerson, di quello alla Difesa #Mattis, dal Consigliere alla Sicurezza Nazionale #McMaster, e le più alte autorità militari – non ha mancato *una sola occasione* per marcare il punto: il Comando USA per l’Europa ha annunciato un aumento di stanziamenti del 35%, per accrescere le capacità di difesa aerea, di ricognizione, di pre-posizionamento degli armamenti in Europa e di spiegamento di sommergibili, e anche di rilievo è la riattivazione di un Comando NATO nell’Artico per far fronte a una presenza militare Russa in rapidissima crescita, giudicata pericolosa per la libertà di navigazione in quell’area. “Questo comprova – ha detto il Generale Ben Hodges, Comandante delle forze USA in Europa – l’impegno degli Stati Uniti, e deve rimuovere una volta per tutte i dubbi dei nostri alleati e dei nostri potenziali avversari su quanto noi teniamo alla stabilità e alla sicurezza in Europa, e su quanto siamo determinati a usare la nostra deterrenza nei confronti della Russia o di altri potenziali avversari”. Al di la delle dichiarazioni di taglio militare, il significato politico di queste posizioni è chiarissimo: è un modo per affermare la perdurante solidità di un cardine del Trattato di Washington, istitutivo della NATO: l’art. 5 che impegna ogni stato membro dell’Alleanza a soccorrere militarmente qualsiasi altro Stato membro venga attaccato, nel fondamentale principio di “uno per tutti, tutti per uno”. Come criticare allora l’Amministrazione Trump quando afferma che “gli Stati uniti spendono il 4% del loro PIL per la difesa… e voi Europei dovete assumervi la vostra quota per la vostra sicurezza”…?
4) vorrei poi passiamo al lato più “emotivo” di questa analisi, facendovi notare come sia assai curioso che – paradossalmente – in Europa siano gli “anti-americani” a tifare più convintamente per Trump. Come illustrava bene, recentemente, un autorevole editorialista del Corriere della Sera, Angelo #Panebianco, Le persone più “invaghite” di Trump sono quelle storicamente più critiche verso il modello USA: sono anche protezionisti e isolazionisti, e vedono quindi di buon occhio il ritiro dai grandi accordi di scambio internazionale, o – per dirla con un termine in voga – #sovranisti, con derive, in alcuni casi, verso la dottrina del #suprematismo bianco. Questi elementi, con l’aggiunta di una necessità di amicizia incondizionata verso la #Russia (governata da quasi un ventennio da #Putin, altro leader che ha fatto della figura dell’ uomo forte al comando un “must”), agiscono da collante per quanti in Europa non hanno più alcuna fiducia nella Democrazia liberale e nelle istituzioni sovranazionali (specie quelle finanziarie, che obiettivamente di disastri ne hanno fatti molti, negli ultimi 15 anni…) e propongono quindi vie diverse, attratte da figure forti alla guida di “democrazie plebiscitarie” anziché dal pluralismo politico. Il fatto che la composizione dell’Amministrazione Trump non sia certo tale da far pendere l’ago della bilancia a sfavore della finanzia globale (molti membri del team sono riferibili a grandi corporation della finanza USA e internazionale…) è essere un “dettaglio” sul quale i sovranisti pro-Trump paiono disposti a chiudere gli occhi;
5) infine, certamente non ultimi per importanza, i valori, sui quali anche questa Presidenza USA dovrà misurarsi: “Atlantici” sono i principi della Dichiarazione d’Indipendenza americana, il pensiero politico, il progresso scientifico, la rete di alleanze e accordi di sicurezza che hanno animato negli ultimi settant’anni la Comunità Occidentale. Come conciliare questa nostra identità con la netta inversione di rotta auspicata da alcuni, di natura valoriale, culturale e politica, verso una “ chiusura” degli USA con magari un apertura verso la #Russia di Putin…? La simpatia verso un grande protagonista sulla scena internazionale, quale è da molti anni il Presidente Putin, si accresce quasi emotivamente per i suoi metodi assertivi, per la sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi con l’uso della forza, senza perdere tempo nell’adire le Corti di giustizia o gli Arbitrati internazionali (com’è stato purtroppo in Crimea). La crescente simpatia di alcuni Europei per la Russia di Putin si associa alla riscoperta, e spesso all’accettazione di un’asserita “superiorità” dei valori eurasiatici, quasi contrapposti a quelli atlantici. Si apprezzano le teorie di Alexander #Dugin, che – cito testualmente – affermava: “Per principio, l’Eurasia e la nostra terra, la Russia vera e propria, restano il centro di una nuova rivoluzione anti-borghese e anti-americana […] Il nuovo Impero Euroasiatico sarà costruito sul principio fondamentale del nemico comune: il rigetto dell’atlantismo, che è strategia di dominio degli USA, e il divieto di permettere ai valori liberali di dominarci. Questo impulso sarà la base di un’unione politica e strategica”. Ebbene, per alcuni europei valgono, inspiegabilmente, più le suggestioni di Dugin, che non gli scritti di Roger #Scruton, di Alain #Filkenkraut, di Benedetto #Croce… Al contrario, io credo fortemente nel messaggio di richiamato da Scruton, che si contrappone del tutto naturalmente alla dottrina della Grande Madre Russia: ”La consapevolezza che a tutti noi collettivamente è stato trasmesso un patrimonio positivo di cose buone per le quali dobbiamo lottare; la possibilità di vivere le nostre vite come vogliamo; la certezza di leggi imparziali, attraverso le quali le ingiustizie siano riparate; la protezione dell’ambiente quale patrimonio comune che non può essere sottratto o distrutto a capriccio d’interessi potenti; la cultura aperta e indagatrice che ha formato le nostre scuole e università; le procedure democratiche che ci consentono di eleggere i nostri rappresentanti e di adottare le nostre leggi. Queste, e molte altre cose, ci sono famigliari e le prendiamo per scontate, ma ora tutte queste cose sono sotto attacco…”.
CONCLUDO: dopo la caduta del Muro di Berlino trentaquattro paesi, compresa l’URSS, firmavano – era il 21 novembre 1990 – la Carta di #Parigi per una Nuova Europa, la quale conteneva un netto richiamo ai valori della nostra identità Europea e Atlantica; merita ricordarli oggi, con forza, dal momento che sono rimessi da alcuni in discussione: “Ogni persona ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, alla libertà di espressione, alla libertà di associazione e di riunione pacifica, alla libertà di movimento; nessuno sarà arbitrariamente arrestato o detenuto, sottoposto a tortura o ad altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; ciascuno ha inoltre il diritto di conoscere i propri diritti e di esercitarli, di partecipare a elezioni libere e corrette, a un procedimento giudiziario imparziale e pubblico se imputato di un reato, di possedere beni individualmente o in comune con altri e di gestire imprese individuali, e di godere dei propri diritti economici, sociali e culturali.”. A questo aggiungo la necessità di rispettare le minoranze – politiche, di credo, sociali, inclusa quella #LGBT, a rischio della vita in non pochi paesi del mondo – e di affermare senza alcuna ritrosia o timore i principi cardine dello Stato di Diritto, lottando contro la corruzione e le diseguaglianze, e dandone – nel nostro piccolo – testimonianza attiva nel vivere quotidiano. Questi sono i valori nei quali incrollabilmente credo, al di la della Presidenza Americana di turno….. VOI COSA NE PENSATE? Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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