Le armi di distruzione di massa (ADM) hanno posto l’intera Comunità Internazionale dinannzi a sfide rimaste irrisolte, ed è semplicistico brandire la minaccia delle ADM in slogan propagandistici contro questo o quello Stato, a seconda degli interessi che legittimamente o meno si vogliano sostenere. Proviamo quindi a fare un analisi più approfondita:
(1) sfera emotiva. L’uso della forza “convenzionale” viene tollerato solo come “estrema ratio” dalla cultura e sensibilità di una società come la nostra, alla quale, in generale, ripugnano violenze e prevaricazioni, e a maggior ragione la possibilità che un conflitto si trasformi addirittura nella soppressione di intere popolazioni appare *ingiustificabile*. Chi usa armi chimiche, ad esempio, deve essere processato alla Corte Penale Internazionale, senza se e senza ma, e per l’arma nucleare, l’imperativo deve essere di *farla sparire definitivamente* dagli arsenali di tutto il Pianeta. Impossibile “disinventare l’atomica”, sentiamo dire dal ’46, eppure in Occidente – e spiace dover constatare come di queste correnti di opinione e di iniziativa politica non se ne vedano in Cina, Russia, India, Pakistan e Iran – il movimento antinucleare è sempre esistito, e – dobbiamo ammettere – ha trovato nella Presidenza di Obama un interlocutore attento (nel primo mandato per la prima volta un Presidente americano rendeva formale in un documento strategico l’ “opzione zero”, senza parlare dell’impegno mostrato sia sul piano interno che nei confronti di Mosca per una netta riduzione degli arsenali con il nuovo accordo Start, il tentativo di abbassare ulteriormente la stokpile, infrantosi con il deterioramento del rapporto con Putin, e la miriade di iniziative di analisti e think-tank, a cominciare dal movimento “Global Zero” lanciato quasi dieci anni fa da Shultz, Perry, Kissinger e Nunn);
(2) contesto storico-politico, che riguarda rapporti di forza e sfere di influenza. Per fare un esempio, se la nostra “morale” rende imperdonabile l’annientamento di centinaia di migliaia di giapponesi con le prime esplosioni nucleari, la “giustificazione” prodotta da Truman e generalmente accettata dalla Comunità internazionale, tendeva a convalidare su entrambi i piani, sia storico che legale, tale comportamento (si disse: “proseguire nella II Guerra Mondiale avrebbe causato la morte inutile di altri milioni di civili”). Ebbene, credo che ciò sia *profondamente sbagliato*. E non lo dico perché io ritenga corretto giudicare con la sensibilità e i parametri di oggi le grandi tragedie della storia di ieri, ma perchè sono convinto che già nel 1945 esistessero, come dimostrano le prese di posizione espresse all’epoca da personalità americane e scienziati coinvolti nel Progetto Manhattan, tutti gli elementi di giudizio per decidere *contro* l’utilizzo della Bomba, identificando altre opzioni strategiche. Erano quelli i mesi in cui era già matura la riflessione sulla Carta di San Francisco, sui principi e i valori umani che le Potenze Vincitrici intendevano proporre al mondo: la distruzione di Hiroshima e Nagasaki è stata quindi semplicemente un *crimine orrendo*;
3) quadro giuridico. Le vicende storico-politiche si collegano alla evoluzione del diritto internazionale per ciò che riguarda la non proliferazione nucleare, con un sistema normativo che impegna tutti gli Stati aderenti. Nel decidere se farne parte o meno ogni Paese ha valutato vantaggi – facilitazioni nell’utilizzo del nucleare a scopi civili, collaborazioni nella ricerca e sviluppo, credibilità internazionale, fronte comune con altri nel contrasto alla proliferazione dell’arma nucleare, etc – e svantaggi, come la rinuncia definitiva a tale armamento con le incognite in termini di minor capacità di “deterrenza” verso potenziali aggressori. Il quadro giuridico è di grande importanza per comprendere la differenza sostanziale esistente tra Iran, Israele, India, Pakistan, e DPRK: Teheran ad esempio è parte del Trattato di Non Proliferazione, Israele non lo è mai stata, e questo è un fatto. Gli altri tre Paesi hanno avuto storie diverse, anche di regimi che hanno sottoscritto accordi per poi violarli, come nel caso della DPRK. Vi è quindi una differenza netta tra le diverse situazioni sopra indicate per quanto riguarda l’adempimento a obblighi internazionali liberamente assunti e ai diritti che sono stati riconosciuti con la ratifica dei relativi trattati, differenze che non possiamo ignorare, se siamo intellettualmente onesti;
4) giustificazione morale. Alcuni – anche su questa Pagina – discutono sui “due pesi e due misure” relativamente al diritto di Israele ad avere l’Atomica, quando l’Iran non l’avrebbe ancora. E’ perfettamente comprensibile – al netto di quanto ho scritto dal punto di vista normativo – che esistano valutazioni soggettive di segno diverso, e sicuramente le rispetto. Tuttavia non le condivido interamente: la ricerca israeliana di una capacità di deterrenza nucleare nasce in un *clima di minaccia* per la stessa esistenza di Israele e del popolo ebraico, costantemente dichiarata e perseguita da tutti i Paesi della regione. L’attacco dei Paesi Arabi contrari alla risoluzione dell’ONU sulla spartizione della Palestina è stato l’avvio di una conflittualità permanente, fatta di guerre, minacce terroristiche, costanti dichiarazioni e incitamenti alla *distruzione completa* dello Stato di Israele, anziani donne e bambini inclusi, e il Paese all’avanguardia di queste dinamiche dal 1979 in poi è sempre stato l’Iran. Ancora il 27 gennaio 2016, Giornata della Memoria dell’Olocausto in Europa, il Presidente Rouhani visitava Roma e Parigi mentre le più alte Autorità religiose a Teheran diffondevano proclami *negazionisti* sulla tragedia dell’Olocausto ebraico sotto il regime nazista, e – pur restando ogni cittadino libero di criticare la politica estera e interna di Israele – quest’atteggiamento non possiamo certamente stralciarlo dall’equazione;
5) controllo sulle politiche di Difesa e sicurezza nazionale. Vi sono aspetti di grande importanza circa le decisioni che gli Stati prendono nel dotarsi di armi di distruzione di massa, aderendo a sistemi di sicurezza collettiva, regimi di controllo, di riduzione e verifica degli armamenti convenzionali e non convenzionali. Vi sono Paesi dove è efficace il controllo Parlamentare e dell’opinione pubblica sulle politiche di Difesa, come nelle Democrazie liberali che appartengono alla NATO, e dove l’armamento nucleare è confinato nella sfera della “dissuasione”, ed altri Paesi dove invece la dottrina di difesa prevede l’ipotesi di “primo impiego” dell’arma nucleare, come ad esempio la Russia. Anche queste differenze di scenario non possiamo ignorarle.
CONCLUDO: in generale, *a prescindere* dalla bandiera per la quale “tifiamo” nei nostri vivaci confronti sui Social network, e dalla cultura del paese che più percepiamo prossima alla nostra personale sensibilità nella vita reale, l’impegno alla riduzione degli armamenti nucleari e la lotta contro la proliferazione di nuovi armamenti dovrebbero procedere con la stessa intensità e urgenza, *senza alcun distinguo*, come giustamente richiede da molti anni buona parte dell’opinione pubblica. Nello specifico, LA MIA DOMANDA – senza spirito polemico, mettendo da parte per un attimo pregiudizi e posizioni soggettive, e con la sincera intenzione di confrontare i vari punti di vista, è: se le garanzie alla sicurezza di Israele, attraverso la cessazione della propaganda all’odio e la fine delle “proxy wars” ai suoi confini, e il riconoscimento della sua Statualità, venissero *realmente perseguite*, il discorso sull’eliminazione del suo arsenale nucleare – che come ho scritto va comunque affrontato, come per qualunque altro Paese dotato di ADM – non potrebbe diventare *più concreto*…? DITE LA VOSTRA..