Roma, 07 Dicembre 2014
Quando l’Autore di questo bellissimo libro mi ha spiegato che l’editore era Cosmo Iannone, e il lavoro rappresentava anzitutto un omaggio-come scritto in apertura -a Nicola Iannone, Giulia Veneziale, e alle centinaia di migliaia di molisani, la memoria e’corsa ai molisani che avevo incontrato a Vancouver da Console Generale, ben trent’anni fa.
Un gruppo di italocanadesi estremamente motivato nella vita associativa, nelle iniziative culturali, di assistenza, e di diffusione della lingua e della cultura italiana.
Per un attimo, ma solo un attimo, ho immaginato che il loro “elan vital”, dopo tre decenni, potesse essersi un po’ smorzato. Ma neanche per sogno, mi hanno rincuorato comuni amici.Anzi,le associazioni molisane di Vancouver si sono moltiplicate, la Molisana Society è ora affiancata dalla Famiglia Bagnolese Society,dalla Società Civitanovese, dal Gruppo Sannitico Molisano Lupi del Matese, e dagli Amici di Cascalenda. E anche tra i nomi di molisani sempre attivi nell’associazionismo, ne ritrovo diversi di quegli anni.
Quindi, se lo splendido lavoro dell’amico Eugenio Marino avra’ molto successo tra le nostre comunita’ all’estero, e glielo auguro sinceramente, posso prevedere che tra i molisani l’accoglienza sara’ trionfale.
Sono certo per loro, per i molisani anzitutto, le belle pagine dedicate al Maestro Lino Tabasso;
le pagine dedicate al ponte che il Maestro ha saputo costruire tra il patrimonio musicale di Napoli, e una canzone adattata alla sua citta’ d’adozione ,Campobasso;
i richiami a temi diffusi nella tradizione della “sesta napoletana”, alla solitudine affettiva e allo sradicamento, resi pero’ con l’originalita’ di “Flowers flowers”, o con l’ammiccamento romantico-sensuale di “Muglierema ha respuoste”.
La caratteristica che mi ha colpito in questo libro, ed era certo questa una sfida notevole nel realizzarlo, e’quella di voler essere una “rappresentazione complessa”del rapporto tra fatto culturale -la canzone- e fenomeno sociale, l’emigrazione.
Lo strumento multimediale amplifica suggestivamente l’intera narrativa;associa al testo brani originali non sempre facili da reperire per il grande pubblico.Ma il libro mi sembra diventare vera rappresentazione grazie alle voci,ai commenti,alle analisi che si inseriscono in questa storia degli italiani attraverso la canzone, per darvi molti altri riflessi.
In questo senso ho trovato centrate ,tra le altre,alcune osservazioni di Francescomaria Tedesco sulle “fratture” tra canzone dell’emigrazione nell’Ottocento e inizio Novecento da un lato,e la canzone del secondo dopoguerra. Per tutta quella lunga parte della storia dell’emigrazione che va dall’Unita’ alla caduta del fascismo,sembra esservi una costante piu’ romantica e sentimentale anche per la canzone popolare;e forse con una certa subalternita’, come scrive Tedesco, da una classe di meridionalisti borghesi “illuminati”.Mentre nel secondo dopoguerra contenuti e tendenze danno meno spazio ai temi intimisti ,sentimentali e famigliari,e acquista spazio crescente la connotazione della protesta,dell’affermazione di temi politici.
In questa prima meta’del racconto di Eugenio Marino sono pero’molto rilevanti,accanto ai ritratti di chi parte ,degli affetti “sospesi”,delle illusioni e dei sogni semplici,a tratti deamicisiani,in un italiano elementare o nel travogente verismo dialettale,le ferite profonde che gravano sulla memoria dell'”altra Italia”.
Niente piu’,mi sembra di poter affermare,sara’sofferto nella storia della nostra emigrazione e pesera’ sulla memoria collettiva delle nostre comunita’all’estero quanto i linciaggi di italiani innocenti,a New Orleans,Aigues Mortes,a Tallulah, come i sette anni di calvario finito con la sedia elettrica per Sacco e Vanzetti,e piu’tardi ,ancora negli anni ’50 e ’60 le tragedia nella miniera di Marcinelle e alla diga di Mattmark.
Chi ha passato del tempo tra le nostre comunita’italoamericane,sa perfettamente cosa significhi ancora oggi la memoria del vulnus subito,con errori giudiziari,violenze e discriminazioni patite da quelle comunita’ un secolo fa.La canzone e’ fedele interprete di quelle sofferenze: non solo per chi le ha subite,ma per i tantissimi che ne traggono consapevolezza nell’affermare il senso di giustizia,la dignita’,il valore dell’essere italiano.
Su quella memoria si innesta,soprattutto nel secondo dopoguerra, la canzone folk e popolare della protesta.Essa prende nuove forme grazie all’apporto di musicisti e autori che occupano posti eminenti nel mondo della canzone.
E’ inevitabile che la profonda trasformazione dall’inizio degli anni ’70 nell’andamento e nel carattere dei flussi migratori,modifichi-oltre ovviamente ai generi stilistici- contenuti e “direzione di marcia”.
La canzone che ha piu’ fortuna anche tra i connazionali all’estero,sia essa d’amore,di costume,di denuncia o di impegno politico,non e’ destinata piu’ tanto a chi e’ partito quanto per l’insieme di coloro che sono attratti dalla canzone italiana.
La nostra canzone si diffonde e ha sempre piu’ successo perche’ si diffonde e ha successo la cultura,la lingua,l’arte del nostro paese.
Di cosa poi si canti,si scriva,o dipinga,conta meno,purche’ si colleghi all’Italia.
La trilogia del Titanic,ad esempio,porta tra i nostri connazionali all’estero lo slancio con il quale Francesco De Gregori sigilla la fine delle illusioni,per una societa’ che sta affondando e obbliga i suoi figli a cercare l’America,ma un’America ben diversa da trovare per le ragazze della prima classe,rispetto ai cafoni della terza. Guccini e De Gregori lo cantavano trent’anni fa;ma sembra ancora oggi,purtroppo, cronaca piu’ che storia.
Durante le celebrazioni del 150o Anniversario dell’Unita’ d’Italia nel 2011,e ancora con l’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti che ho avuto l’onore di lanciare nel 2012 a Washington, l’apporto straordinario impresso dagli italiani alla crescita della societa’,del pensiero,dell’economia americana e’ stato al centro di centinaia di eventi,studi,conferenze.
Il Presidente Obama ne ha fatto stato con grande efficacia nella bellissima”Proclamation” da lui firmata il 17 marzo 2011.Fa bene cogliere nel libro di Eugenio Marino e nella canzone un’ ulteriore,preziosa componente dell’immenso patrimonio culturale riconosciuto all’Italia nel mondo.
Quando pensiamo e ci rapportiamo all”altra Italia”siamo spesso pervasi da un ben maggiore ottimismo di quanto non ci capiti nella quotidianita’ soprattutto in questi giorni.
Forse non vi e’momento migliore della presentazione di questo libro,che ricorda storie cosi’traumatiche per la nostra emigrazione,per sottolineare l’impegno con il quale il nostro Paese deve sostenere una vera politica per gli italiani nel mondo.
Un impegno che deve riguardare anzitutto i connazionali che versano nel bisogno;i casi di detenuti all’ergastolo come Chico Forti che da quindici anni attende con grandissimo coraggio personale la revisione di un processo che e’ stato manifestamente viziato da errori e violazioni procedurali gravi; un impegno di assistenza per tutti i tremila nostri concittadini detenuti all’estero. Ed insieme a tutto questo,un impegno alla diffusione della lingua,della cultura, della scienza del nostro paese nel mondo,collegandoci a quella che a mio avvisa la principale risorsa:gli italiani nel mondo.