Promoting Peace and Security in Africa.
Lessons learned from Mozambique
Roma, 16 ottobre 2012
Ministro Baloi,
Professor Impagliazzo,
Signore e signori,
sono lieto di dare un nuovo, caloroso benvenuto all’amico e collega Oldemiro Baloi a questo Simposio organizzato d’intesa con la Comunità di Sant’Egidio e con il contributo dell’Istituto Affari Internazionali.
Ci troviamo oggi nella stessa sala dove venti anni fa, il 4 ottobre 1992, fu firmato l’Accordo Generale di Pace di Roma. Quella straordinaria esperienza negoziale consentì al Mozambico di incamminarsi con successo lungo la strada della pace, della democrazia e della prosperità economica. L’occasione odierna è tanto più propizia in quanto, insieme al Ministro Baloi, sono qui presenti alcuni protagonisti di quel negoziato. A tutti loro rivolgo un cordiale saluto.
Con questo Simposio chiudiamo due giorni intensi di ‘celebrazioni romane’ dei vent’anni di pace in Mozambico. Ieri abbiamo presentato il “volto nuovo” del Paese con le sue enormi opportunità economiche. Il successo della “Country Presentation” svoltasi ieri alla Farnesina è un’ulteriore conferma del fatto che la nostra diplomazia e il nostro sistema produttivo hanno maturato un nuovo approccio all’Africa per cogliere le vaste potenzialità di cooperazione politica ed economica con le sue espressioni più dinamiche. Mi dicono che il pubblico romano ha molto apprezzato anche gli eventi di promozione culturale organizzati dall’Ambasciata del Mozambico.
Sono molti i Paesi africani in cui l’Italia ha svolto e continua a svolgere un ruolo di mediazione a sostegno della riconciliazione. Ma il risultato della pace siglata a Roma venti anni fa è, fra i tanti, quello che ha assunto un significato paradigmatico. La mediazione durò oltre due anni ed ebbe l’appoggio delle Nazioni Unite. Come sapete, l’attuale Presidente del Mozambico, Armando Guebuza [pronuncia Ghebuza], guidava la delegazione del FRELIMO e Raul Domingos quella della RENAMO. Ma, all’inizio, non erano in molti a credere in quello che il Washington Post definì “an unlikely team of amateur peace brokers”. Grazie alla tenacia, alla pazienza e alla determinazione dei mediatori, uniti in una visione comune, nella conoscenza del Paese e in una condivisione di valori di libertà e giustizia, fu possibile giungere alla pace. Il Segretario Generale dell’ONU, Boutros Ghali, la definì “una pace italiana”, auspicando che quel modello fosse utilizzato per la soluzione di altre crisi regionali.
La straordinaria forza di quel negoziato fu la capacità di affrontare la complessità dei fattori della crisi, che caratterizzava la realtà mozambicana, segnata da 15 anni di guerra civile. La propensione italiana a dialogare con tutti gli interlocutori, anche nelle circostanze più difficili, fu una delle ragioni principali del successo. Una linea di azione seguita dall’Italia in Mozambico, ma anche nei Balcani, in Libano e in molte altre aree di crisi.
Una formula italiana, che in Mozambico ha coniugato la tenacia del movimento cattolico e la capacità negoziale della Comunità di Sant’Egidio con la lungimirante strategia del Ministero degli Esteri. Questa vincente miscela ha beneficiato anche di un terreno molto fertile: la radicata amicizia tra il popolo italiano e quello mozambicano. Negli anni settanta, il movimento nazionale mozambicano aveva già ricevuto dall’Italia un forte sostegno. Ma le origini delle relazioni tra i due popoli risalgono al secolo XIX, quando con la “corsa all’oro” si scatenò una spinta migratoria dall’Italia alle miniere di Kimberly. Nel 1904 fu istituito il regio consolato italiano nella capitale mozambicana. E durante la seconda guerra mondiale, l’amicizia fu consolidata dalla tragica vicenda del piroscafo inglese “Nuova Scozia”, che trasportava 800 civili italiani dall’Eritrea al Sudafrica. Il piroscafo fu silurato e affondato al largo delle coste mozambicane nel 1942, ma molti dei 116 italiani superstiti decisero di rimanere nella terra che li aveva generosamente soccorsi e accolti.
L’accordo del 1992 è una lesson learned utile a risolvere altre situazioni di crisi in Africa, ma anche a evidenziare i ricchi dividendi della pace. Nel 1992, il Mozambico era uno dei Paesi più poveri al mondo, con il più alto numero di rifugiati all’estero e usciva da una guerra civile che aveva provocato più di un milione di vittime. L’aspettativa di vita non superava i 36 anni. Oggi, il Mozambico è un partner paritario, un’economia in continua crescita, che gestisce responsabilmente le scoperte di grandi risorse energetiche e minerarie. Ho avuto modo di constatare di persona il dinamismo e la vitalità del Paese nella visita che ho effettuato a Maputo lo scorso maggio.
L’Italia non si è limitata a facilitare la pace, ma ha anche operato con forte e generoso impegno per favorire i processi di stabilizzazione, creando le condizioni per lo sviluppo, la ricostruzione e la pacifica convivenza nella fase post-conflitto. Gli interventi della Cooperazione italiana sono stati di assoluto rilievo. Ancora oggi, malgrado la difficile contingenza finanziaria, il Mozambico resta il maggior beneficiario africano dei nostri aiuti. I giacimenti di gas scoperti dall’ENI consentiranno alla compagnia italiana di svolgere un ruolo strategico nello sviluppo del Paese, con l’obiettivo di assicurare un miglioramento sensibile nella vita di tutti i mozambicani. Il Mozambico ha sempre ricambiato con riconoscenza e simpatia questo nostro impegno. Vent’anni dopo la firma della pace, l’Italia e il Mozambico sono oggi ancora più vicini.
Intendiamo continuare nella stessa direzione, intensificando e aggiornando il dialogo politico. È in questo spirito che assumeremo, il prossimo maggio, la Presidenza del gruppo dei paesi donatori, il cosiddetto G19, che si concluderà nel 2014, in concomitanza con l’importante appuntamento elettorale, legislativo e presidenziale, cui sarà chiamato il Paese. Avvertiamo il senso di questa responsabilità, che intendiamo onorare incoraggiando il cammino delle riforme e proseguendo lungo la linea di dialogo costruttivo che l’Italia ha sempre seguito nel Gruppo dei Donatori.
Ho constatato in tutti i miei incontri che la leadership del Mozambico è consapevole della responsabilità connessa con il ruolo sempre più rilevante del Paese nel continente africano. Ne ho anche discusso con il Ministro Baloi: vogliamo mettere l’eccellenza dei rapporti bilaterali al servizio della comunità internazionale, a partire dalla ricerca di soluzioni alle questioni regionali e globali. E’ particolarmente importante l’impegno del Mozambico alla costruzione di un’architettura di pace e sicurezza regionale. Mi vorrei soffermare in particolare sul fenomeno della pirateria nell’Oceano Indiano e a largo del canale del Mozambico. Siamo tutti vittime della pirateria: Paesi occidentali e africani. Servono allora regole marittime certe, universalmente riconosciute e rispettate da tutti i Paesi per contrastare questa minaccia alla sicurezza globale.
Il Mozambico, con l’esercizio delle presidenze di turno della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) e della Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese (CPLP), può svolgere nei prossimi mesi un ruolo rilevante in tal senso. Il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale, tenutosi a Maputo ad agosto, ha confermato l’impegno a risolvere le situazioni di crisi nella regione.
Molto importante è poi la centralità attribuita dal Presidente Guebuza al processo di integrazione economica e infrastrutturale. L’esperienza europea – il Premio Nobel all’Unione Europea ne è il più alto riconoscimento – ha dimostrato che l’interdipendenza economica è in grado di fare avanzare la pace e i diritti, trasformando i conflitti tra popoli in unione di Stati. Le organizzazioni regionali e sub-regionali africane possono contribuire molto ai processi di integrazione del continente. Strumento imprescindibile è l’Unione Africana, che ha compiuto notevoli progressi lungo questa linea, come dimostrano il Programma per lo Sviluppo delle Infrastrutture, l’Università Pan-Africana e la decisione di istituire un’Area Continentale di Libero Scambio entro il 2017.
D’altra parte, l’Italia – ponte naturale tra i due continenti – si propone per favorire la saldatura tra l’Africa e l’Europa, impostando i rapporti sui principi di maggiore solidarietà e di rispetto reciproco. Con l’adozione, nel 2007, della Joint EU-Africa Strategy, le relazioni euro-africane hanno già abbandonato l’approccio donatore-beneficiario per passare a un dialogo paritario. L’Italia chiede ora all’Europa di dare attenzione speciale ai partner africani nell’ambito della Politica di vicinato.
La mia visita a Maputo e questi incontri a Roma si situano in un anno dal grande valore simbolico e in un momento di particolare dinamismo del continente africano e di vitalità delle relazioni bilaterali. Il Mozambico è un esempio positivo per tutto il continente africano; ciò non solo ci inorgoglisce per il ruolo che abbiamo svolto in passato, ma ci induce anche a operare con maggiore determinazione al fianco del Paese e dell’Africa.