Torino, 27 Novembre 2012
Carissimi ospiti,
Vi ringrazio per l’invito a partecipare a questo interessante evento a Torino che – oltre a valorizzare l’opera letteraria di Younis Tawfik – vuole anche stimolare la discussione sul ruolo dei digital media nelle primavere arabe, grazie al contributo di due validissimi giornalisti come Domenico Quirico e Alberto Sinigaglia.
I mass-media hanno da sempre un ruolo centrale nei conflitti e nelle crisi internazionali: tutti ricordano ciò che dal gennaio del 1991 viene comunemente definito, nel rapporto tra stampa e conflitti, l’”effetto CNN”. Mi riferisco alla Prima Guerra del Golfo e alla capacità di una TV – la CNN appunto – e di un Suo inviato, Peter Arnett, capaci di “accendere i riflettori” sulla guerra dalla terrazza di un albergo di Baghdad. Il rapporto e il condizionamento della stampa sulla guerra raggiunse un punto mai sperimentato quando – solo 2 anni dopo – i due secondi e mezzo delle immagini di corpi di soldati americani trascinati per le strade di Mogadiscio (l’episodio Black Hawk Down) bastarono a spingere l’Amministrazione Clinton a ritirare le proprie truppe dal Corno d’Africa. Gli esempi potrebbero essere molti altri, e sempre più afferenti al mondo dei nuovi media digitali, il cui ruolo proprio le primavere arabe hanno molto enfatizzato.
Con le recenti rivoluzioni nel Grande Mediterraneo, i media – specie quelli digitali – diventano quindi non più solo testimoni in prima linea e fattori di influenza delle crisi, ma protagonisti essi stessi e strumenti di conduzione delle rivolte democratiche da parte di chi non dispone di altri mezzi se non della propria capacità di far vedere, di informare, dando voce alla richiesta di diritti e libertà di intere popolazioni.
Questo straordinario ruolo porta con sé il rischio, che abbiamo visto spesso realizzarsi, che siano gli stessi mezzi d’informazione a determinare quando una crisi, un conflitto finisce, o meglio quando su una crisi che prosegue – spesso con ancora maggiori sofferenze per i civili – si debbano spegnere i riflettori, che magari gli stessi media avevano contribuire ad accendere.
Quello che voglio portarvi oggi – e concludo – è tuttavia un messaggio positivo, che parte dalla consapevolezza che – pur nelle difficoltà che tutti i paesi, anche quelli più avanzati, attraversano, quando i riflettori e le telecamere vengono spenti – noi restiamo a sostenere la speranza e a tentare di alleviare le sofferenze e a contribuire alla costruzione di un futuro differente. E con “noi” intendo il Ministero degli Esteri ma soprattutto le migliaia di volontari e cooperanti che nelle organizzazioni non governative e negli organismi internazionali realizzano quei progetti di assistenza che la Cooperazione Italiana finanzia e ha storicamente finanziato anche in quei paesi e in quelle regioni “dimenticate”. Noi non vogliamo, non dobbiamo dimenticarle.
Un saluto cordialissimo e buon lavoro per il Vostro incontro di oggi,