Presentazione del libro di KRZYSZTOF SZCZERSKI

Un nuovo Dinamismo per il Sistema Europeo

Università Lumsa, Aula Pia, Via delle Fosse di Castello, 7, Roma – ore 18.00

 

Ringrazio il Magnifico Rettore, Professor Francesco Bonini per l’attenzione riservata a questo incontro e per la prestigiosa ospitalità offerta da questa Università.

 

Un sincero apprezzamento va all’On. Irene Pivetti per l’iniziativa, all’amico Prof. Leonardo Losito per l’enorme lavoro svolto nel creare le premesse e per aver così intelligentemente voluto questa presentazione di un libro importante per fare avanzare un maturo, moderno, fiducioso pensiero sull’Europa.

 

Il Senatore Adolfo Urso, con l’Associazione Fare Futuro, e Angelo Polimeno Bottai, con l’Associazione Eureca, sono speaker di straordinaria autorevolezza e conoscenza delle questioni che concernono l’Europa.

 

Siamo tutti profondamente onorati dalla possibilità che ci viene offerta questa sera di discutere con l’Autore del libro, che il Professor Krzysztof Szczerski ha generosamente accettato, unicamente per l’amicizia e stima che lo lega quanto me al Prof. Losito, di far precedere da alcune mie considerazioni.

 

L’analisi e le proposte del Ministro Szczerski sono contributi di altissimo valore per dare impulso e concretezza alle discussioni sul futuro dell’Unione Europea.

La sua storia personale, l’esperienza di Statista e di studioso, la passione che non ha mai smesso di dimostrare per una nuova dinamica che riporti in alto i principi di interesse nazionale e di sovranità dei popoli sono alla base della testimonianza che Egli ci offre con questo libro.

 

Una testimonianza che intende soprattutto, mi sembra, convincere gli Europei a riaffermare in modo deciso la loro coesione attorno a una comune identità di valori. Devono avvertirla i popoli dell’Europa Giudaico Cristiana, questa identità, per affermare il ruolo globale che la Storia ha loro affidato.

L’intenso dibattito sulle politiche e sul funzionamento dell’Unione Europea ha rappresentato – nel decennio della crisi finanziaria, delle incertezze per l’Eurozona, delle nuove sfide geopolitiche a Est e a Sud dell’Europa, del diffondersi del terrorismo e dell’immigrazione illegale – la cornice di ogni campagna elettorale di ogni programma di Governo, di tutti gli schieramenti parlamentari.

 

Tuttavia, è palesemente mancata un’adeguata comprensione delle politiche dell’Unione e dei meccanismi che le determinano.

 

La base fattuale per una matura informazione del pubblico e della classe politica appare carente sia tra quanti vogliono l’ulteriore integrazione politica, economico-monetaria, e sociale dell’Unione, sia tra coloro che nutrono forti perplessità e appaiono preoccupati dalle distorsioni e errori nelle quali l’intero processo si è venuto a trovare.

 

Le valutazioni del Prof. Szczerski sono quelle di un protagonista del dibattito sull’Europa che ha caratterizzato negli ultimi decenni il corso politico-istituzionale della Polonia. Con le voci che insistono per un maggiore ascolto dei cittadini europei, per più dirette forme di rappresentanza, per un’accresciuta sensibilità all’interesse nazionale, ai valori e principi fondanti dell’Unione.

 

Ho rilevato nella mia breve prefazione le convergenze tra le posizioni espresse in questo libro e gli obiettivi dell’Associazione Eureca (Europa Etica dei Cittadini e delle Autonomie).

 

I principali punti trattati dal Prof. Szczerski toccano l’instabilità istituzionale in Europa e l’esigenza indilazionabile di un nuovo sistema relazionale fra gli Stati membri tra loro e con l’Unione stessa.

Le sue proposte si concentrano sulla necessità di tornare allo spirito originario dei Trattati di Roma; di assicurare agli Stati membri maggiori spazi di libertà in Economia; maggiori capacità di Difesa e di Sicurezza, ponendo estrema attenzione – come perfettamente spiega Szczerski e come dovrebbe altrettanto bene comprendere il mondo politico italiano e le attuali forze di Governo – al rafforzamento delle politiche, delle risorse, degli investimenti e delle capacità operative dell’Alleanza Atlantica.

 

A proposito del burden sharing tra i Paesi dell’Alleanza, non tutti, come la Polonia, sono in regola con le contribuzioni al bilancio Atlantico. L’Italia risulta purtroppo gravemente in ritardo.

 

Molto chiaro è anche l’Autore a proposito del valore inalienabile e sovrano delle Costituzioni in vigore negli Stati membri, quando invoca regole più egualitarie tra UE e i 28 Paesi che ne sono parte, anziché rassegnarsi a lasciare in una posizione egemonica un piccolo gruppo di loro cristallizzando una maggioranza di Stati “minori” o “periferici”.

 

Il ragionamento è lineare: l’UE richiede una ben maggiore dose di democrazia, per ottenere una rafforzata unità e coesione comunitaria.

Auspicare una semplificazione delle regole economiche significa che il mercato unico dell’UE non dovrebbe limitarsi a “interventi dall’alto”.

Si dovrebbe piuttosto guardare alla liberalizzazione effettiva della grande distribuzione, alla salvaguardia delle Piccole e Medie Imprese, alla gestione dei servizi terziari di tecnologia avanzata, ivi compresi i media e la Information Technology,  concentrata ora in pochissimi colossi multinazionali americani e in misura crescente cinesi.

 

Consentitemi di sottolineare un aspetto davvero centrale nell’impianto concettuale e politico di questo libro. Il richiamo alle comuni radici cristiane. Esse devono essere riconosciute, apprezzate, intimamente condivise da tutti i cittadini delle nazioni Europee. Ricercare un ruolo accresciuto dell’UE soprattutto in chiave mercantilista, affaristica, ma rinunciataria della propria identità porta dritto allo smarrimento dell’Europa; non ad un Unione rafforzata. Proclamare la necessità di un decisivo salto di qualità nell’Integrazione Europea senza ricordare i principi sui quali l’Europa è fondata rivela un grave appannamento di valori ai quali l’Europa deve invece tornare. Molto opportunamente scrive l’Autore “L’Europa non può e non deve rassegnarsi ad essere una comunità sbiadita, perché oggi nel mondo delle competizioni globali sono ancora le idee che muovono le forze dei cambiamenti e del progresso. E le idee che valgono e restano trainanti, sono sempre state qualcosa di diverso dalle regole che passano per voto di maggioranza, come esiti pur necessitati di dibattiti politici contingenti.   

In tale contesto si situa la sfida per una diversa Diplomazia europea: “l’Unione Europea sta attraversando una crisi di meridiana evidenza, nel mentre si trova a fronteggiare una serie di sfide sempre più gravi e il Ministro Szczerski scrive “Nondimeno, la sensazione che se ne trae è che spesso le emozioni assumano i comodi paramenti di un buon senso solo di maniera. E che espressioni sopra le righe, accompagnate da valutazioni radicalizzate, sostituiscano l’analisi fredda e pacata della realtà”.  

 

L’Europa dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini, spiace doverlo constatare, ha cancellato dal proprio radar i diritti umani, la dignità dell’individuo, i diritti economico-sociali e la libertà religiosa, di credere o di non credere. Le Istituzioni Europee che formulano e attuano la politica estera e di sicurezza affrontano tanto meno questi temi quanto più i Paesi con i quali l’Unione si relaziona, violano apertamente tali diritti e disattendono a loro precisi obblighi. Si sta così cancellando un’anima europea che era la ragione di essere per i suoi Padri Fondatori.

 

Il processo di integrazione attraversa una crisi profonda, con forti spinte centrifughe, disaffezioni diffuse in larghi strati delle opinioni pubbliche dei paesi membri e visioni fortemente divergenti sulle finalità. In tutti i Paesi membri crescono le forze contrarie a qualsiasi modello di integrazione europea, contro l’Euro, disimpegnate da una Difesa comune, schierate più a favore della Russia che della Comunità Atlantica.

Resisterà l’Unione alle spinte disgregatrici di queste forze? Basteranno le cooperazioni rafforzate? Bisogna pensare a nuove aggregazioni di differenti intensità?

 

Le conseguenze della crisi economica e la crisi di fiducia che ne è derivata, lo tsunami migratorio, hanno certo prodotto una crescente disaffezione per l’Europa non troppo diversamente dal moto di sfiducia dell’elettorato americano contro le elites e le politiche precedenti all’arrivo di Trump alla Casa Bianca.

 

Negli Stati Uniti di Trump tutto questo si è tradotto nella convinzione che l’ordine internazionale costruito dopo la seconda guerra mondiale aveva fallito e che, per ritornare nuovamente grande, l’America dovesse esercitare con maggiore convinzione il suo potere a tutela degli interessi nazionali, tanto sul piano economico che su quello politico. In Europa è stato il concetto stesso di integrazione che ne ha fatto le spese.

 

Chiunque abbia a cuore le sorti dell’Europa non può che partire dalla consapevolezza che questa involuzione deve fermarsi. L’Europa sarebbe ridotta all’irrilevanza. Ancor peggio potrebbe essere una forma di “finlandizzazione” dell’Europa, sotto l’ombra intrusiva del Cremlino, nella dissolvenza, auspicata irresponsabilmente da alcuni, del rapporto con gli Stati Uniti.

Di fronte alla tendenza sempre più diffusa di contrapporre, in termini di “aut aut” anziché di complementarietà, sovranità nazionali e forme di sovranità condivisa, le integrazioni differenziate assumono oggi un significato più impegnativo di quando il concetto aveva cominciato a farsi strada. All’inizio si trattava di consentire a Paesi “able and willing” di precedere gli altri verso traguardi che sarebbero diventate comuni.

Oggi il problema dell’“able” è passato in secondo piano rispetto a quello del “willing”: la volontà politica.

 

Secondo un’opinione largamente condivisa, e accolta dalla maggioranza degli italiani mentre si accrescono le difficoltà dell’attuale Governo con Bruxelles – vedasi sondaggio di Nando Pagnoncelli del 13 us – l’Euro dovrebbe essere oggetto di interventi correttivi: ma uscirne sarebbe profondamente rischioso e sbagliato. Un bilancio comune resta però oltre l’orizzonte così come nuovi strumenti finanziari con l’obiettivo di favorire la crescita. E tutto questo mentre la dimensione politica dell’Unione economica e Monetaria rimane praticamente inesistente. Solo coraggiose riforme, con una maggiore sensibilità da parte di tutti gli Stati ai temi della crescita, potranno far superare le disaffezioni delle opinioni pubbliche verso l’Unione Europea e sostenere un suo radicale cambiamento.

©2024 Giulio Terzi

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