Di R. Cr. per Breasciaoggi del 22 settembre 2018
Quale sarà il futuro dell’automotive nel mondo? E quali politiche ambientali investiranno il settore? Ai due quesiti hanno cercato di dare le proprie risposte ieri davanti ad una qualificata platea di imprenditori e addetti ai lavori il dottor Saverio Gaboardi, presidente del Cluster Lombardo per la Mobilità, il professor Joseph MacDougald dell’Università del Connecticut e l’Ambasciatore Giulio Terzi già Ministro degli Esteri.
L’evento è stato organizzato dai professori Marco Frigessi e Giovanni Posio dell’Università degli Studi di Brescia. «Innanzitutto bisogna fare uno sforzo culturale e capire che il settore automotive è una risorsa per tutti noi ed, in particolare, per il nostro territorio che non è secondo a nessuno in questo campo», ha ammonito Gabordi, ricordando che la Lombardia rappresenta un’economia simile o di poco inferiore a quelle di interi paesi come Belgio e Austria e che il 12% del Pil prodotto dalla nostra regione è legato proprio all’automotive. «Pochi lo sanno – ha sottolineato Gaboardi – ma ogni Ferrari o Maserati prodotta in serie nasce nella nostra provincia e le mille imprese locali che lavorano in questo settore le rendono le migliori auto del mondo».
Non solo: l’importanza del settore è dettata dal fatto che la richiesta di auto non è per nulla in flessione, casomai la redistribuzione della domanda di auto è modificata. Per questo servono strategie condivise tra istituzioni e aziende affinché si possa creare quella sinergia che sta alla base del progresso tecnologico e ambientale. Proprio partendo da questo presupposto il professor Mac Dougald ha raccontato l’esperienza del proprio paese: già dal 1970 negli Usa ci si è posti il problema di coniugare lo sviluppo automobilistico al rispetto ambientale. Poiché tale materia era di esclusiva competenza di ogni singolo stato, la California fece autonomamente enormi sviluppi che vennero poi copiati da altri stati e dal Governo federale. Già negli anni 90 si iniziò a sviluppare progetti di auto elettriche supportati dalle istituzioni che incentivavano in modo diretto e non questa politica; bisogna infatti considerare che quando si acquista un auto elettrica negli Usa si ottengono numerosi benefici anche banali come parcheggi agevolati. La strategia americana oramai è ben chiara.
Con un auto elettrica si possono percorrere 400 km ed in 50 minuti si riesce a caricare le batterie gratuitamente. Questo significa per un cittadino americano, che mediamente guida per 15.000 km anno il proprio mezzo, la possibilità di utilizzare un’auto elettrica senza alcun tipo di rinuncia in termini di confort e comodità. Dopo il celebre caso «Dieselgate» le aziende sanzionate hanno modificato molto le proprie strategie, basti poi pensare che dei 14 miliardi di dollari che il colosso tedesco Volkswagen ha dovuto pagare al governo americano dopo lo scandalo ben 2,8 sono stati impiegati per sviluppare la tecnologia green nel campo automotive.
ANCHE IN ITALIA si deve arrivare a questa consapevolezza. Secondo l’Ambasciatore Terzi la realtà bresciana deve essere un esempio non meno di quanto lo sono le realtà statunitensi. La nostra provincia ha i numeri per farlo ed il +9% di export delle nostre aziende lo dimostra, ma non basta. Terzi sostiene che le aziende bresciane mostrino oggi una lungimiranza ed un’etica che poche altre hanno; lavorano con la consapevolezza di quanto sia importante la lotta all’inquinamento e quanto il rispetto dell’ambiente sia alla base di molte decisioni futura. Bisogna lavorare all’unisono per raggiungere un’industria pulita e la cosa paradossale è che già oggi paesi come la Cina e l’India stanno procedendo con questi stessi obiettivi.
Stupisce quindi talvolta constatare che gli USA adottino decisioni dannose per il nostro ambiente per mere questioni di pregiudizio. Inoltre, considerando la continua mutevole situazione geopolitica bisogna comprendere come politiche legate all’ambiente, all’energia e allo sviluppo debbano essere condivise tra i principali attori, e cioè Usa Cina e Europa. Un’attenzione particolare va quindi alle politiche ultrasovraniste perché affrontando temi di questo tipo in solitaria rischiamo di diventare attori secondari.