L’ex mnistro degli Esteri: “Non hanno prove contro i due fucilieri. Che figuraccia i nostri governi per colpa di Letta e Renzi”
«Finalmente siamo sulla giusta strada». Giulio Terzi di Sant’Agata, ambasciatore e ministro degli Esteri nel Governo Monti, è soddisfatto: «La decisione della Corte dell’Aia di fatto impone all’India di rimandarci indietro Salvatore Girone, in attesa del processo che, io credo e spero, si celebrerà in Italia Ma…»
Che cosa, ambasciatore?
«Mi si lasci dire in tutta onestà che si sono buttati via almeno due anni per arrivare a sostenere quel che io e altri ripetevamo già con forza nel marzo del 2013»
Vale a dire?
«Io ero ministro e in tutte le sedi ribadivo sempre lo stesso concetto: dobbiamo internazionalizzare la questione dei marò, dobbiamo chiedere l’arbitrato, dobbiamo mettere l’India davanti alle sue responsabilità».
Invece?
«Invece i governi Letta e Renzi hanno girato a vuoto per più di due anni, sostenendo posizioni cervellotiche e incomprensibili, hanno fatto una gran confusione e hanno mischiato i problemi».
Ora però il quadro è cambiato.
«La scorsa estate Renzi ha finalmente capito che l’unica soluzione era quella dell’arbitrato internazionale».
Perché?
«Perché era l’unico modo per uscire dal labirinto indiano. Infatti già il 4 agosto scorso il Tribunale del mare ha pubblicato i documenti, arrivati dall’India, che fotografavano una situazione incredibile».
Incredibile?
«Ma sì, non ci sono prove contro i marò, non c’è nulla di nulla. Ci sono verbali contraffatti, il caso non ha alcun fondamento ed è inspiegabile che nemmeno un membro dei governi Letta e Renzi abbia gridato ad alta voce che Girone e Latorre non hanno nulla a che fare con questa storia, non hanno sparato, non hanno ucciso i due poveri pescatori, avevano altre armi, erano da un’altra parte».
Eccoci alla svolta di oggi.
«A quattro anni dai fatti l’India non è stata capace nemmeno di formulare un capo d’imputazione. Niente di niente».
Quindi?
«Quindi la Corte invita caldamente, eufemismo, Nuova Delhi a rispedire a Roma Girone».
Perfetto, ma non c’è il rischio che poi Roma rimandi lui e Latorre di nuovo in India?
«Un attimo. Una vergogna del genere è già accaduta nel marzo di tre anni fa e per questo io mi dimisi da ministro. L’11 marzo del 2013 il governo Monti afferma che i due fucilieri resteranno in Italia perché l’India ha violato gli accordi e le procedure di consultazione, il 22 marzo, solo 11 giorni dopo, per ragioni inconfessabili ma che sarebbe bene chiarire con una Commissione d’inchiesta, l’esecutivo si rimangia la parola data e rimanda allo sbaraglio quei due disgraziati, assicurando loro in privata sede che il pasticcio si risolverà nel giro di pochi giorni. Un comportamento dilettantesco».
D’accordo ma oggi?
«Oggi il boccino è nelle mani di Amburgo e dell’Aia, oggi l’India è inchiodata dall’assenza di prove e dal fatto che non sa nemmeno cosa contestare ai due».
Insomma, il peggio è passato?
«Girone arriverà in Italia e credo che non tornerà più laggiù».
Ne è sicuro?
«Ci sono ottime ragioni per pensare che alla fine, più o meno fra un anno, Amburgo possa decidere che la giurisdizione spetta all’Italia. A quel punto il processo a Girone e Latorre si svolgerà a Roma».
Speriamo. Resta un quesito di fondo: quanto ha pesato sul piano internazionale questa vicenda?
«Moltissimo. Se perfino l’Egitto ci tratta, vedi la tragedia di Regeni, con il disprezzo che abbiamo visto in queste settimane, forse è perché alle spalle c’era quel disastro politico-diplomatico. Questa storia e stata gestita malissimo e la dignità del nostro Paese è stata calpestata, nell’indifferenza di chi doveva difenderla».