L’ex ambasciatore e ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata: “La reazione di Mosca era attesa. La situazione peggiora, ora rischiano anche gli interventi umanitari”
Articolo di Stefano Zurlo per IlGiornale del 19 maggio 2022
La guerra delle spie. « Diciamo pure dispetti reciproci – spiega Giulio Terzi di Sant’Agata, ambasciatore e ministro degli Esteri nel governo Monti -. All’inizio di aprile l’Italia aveva allontanato alcune presunti agenti segreti e ora, attesa da settimane, arriva la replica russa».
Però questa non le sembra una spirale senza fine?
«In guerra o, se preferisce, parallelamente alla guerra si combattono molte battaglie. Naturalmente, in questo confronto logorante non possono mancare le ritorsioni reciproche, giustificate o no ha poca importanza. Certo, in questo modo la tensione sale e a ogni mossa corrisponde fatalmente una contromossa dell’avversario».
Che non riguarda solo l’Italia.
«No. E questo conferma proprio il carattere generale, anzi astratto di questi provvedimenti: ad aprile molti Paesi europei, dopo essersi consultati fra di loro, avevano steso una lista degli ospiti non più graditi, ora gli ambasciatori di diversi paesi europei sono stati chiamati in simultanea e a tutti è stato consegnato lo stesso messaggio: far partire al più presto i connazionali dell’elenco russo».
Si riducono progressivamente gli spazi della diplomazia?
«Non posso negare che su questo versante la situazione stia peggiorando. Ci sono tante iniziative, anche di piccola ma non modesta entità, che vengono messe a rischio dal progressivo irrigidimento degli uni e degli altri. Pensi alle tante azioni umanitarie condotte dalla Croce rossa e ad altri interventi che in questa situazione non si possono più fare».
Passano i giorni e non si aprono spiragli. Non ci vorrebbe più diplomazia?
«È uno dei punti decisivi di questa vicenda. Non possiamo andare avanti con i decreti di espulsione, bisogna cambiare registro».
D’accordo, ma come?
«Forse a qualcuno può apparire strano, ma fermezza e dialogo procedono insieme».
Cosa intende per fermezza?
«La linea è quella tracciata nelle scorse settimane e non può cambiare. Bisogna armare gli ucraini che non si possono difendere con i temperini. E non si può fare retromarcia sulle sanzioni».
L’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato darà un altro colpo al partito della trattativa?
«Mi pare che Putin abbia ridimensionato il problema, purché Helsinki e Stoccolma non dispieghino arsenali nucleari. D’altra parte in poche settimane sono cambiati equilibri consolidati da decenni: evidentemente Finlandia e Svezia, che pure hanno un apparato militare di tutto rispetto, non si fidano più di un contesto internazionale così scivoloso».
A proposito, molti si chiedono: che fine ha fatto l’Onu?
«Gli organismi internazionali fanno poco e non riescono a rispondere agli obiettivi per cui erano nati. C’è una crisi globale, ma qualcosa accade. L’assemblea generale dell’Onu per tre volte e a larga maggioranza ha condannato la Russia. La Russia è il Paese aggressore e l’Ucraina è il Paese aggredito. L’assemblea generale e la Corte internazionale di giustizia dell’Onu hanno fotografato questa realtà».
Ma sono istantanee che non cambiano la situazione sul campo.
«Purtroppo senza la buona volontà della Russia questo conflitto si trascinerà ancora a lungo. Ma speriamo che Mosca trovi il modo di arrestare questa folle carneficina che danneggia tutti, a cominciare dalla Russia».
Su che basi si potrà negoziare?
«Pochi se lo ricordano, ma Kiev aveva già avuto tutta una serie di garanzia politiche, economiche militari nel 1994».
Il memorandum di Budapest?
«Esatto. L’Ucraina aveva restituito alla Russia l’arsenale nucleare, Mosca si era impegnata a rispettarne indipendenza e integrità. Il 24 febbraio, con il via al l’invasione, Putin ha calpestato quell’accordo, già violato nel 2014 con l’occupazione della Crimea. In un modo o nell’altro si deve tornare allo spirito del 94. Altrimenti, il compromesso sarebbe la resa allo strapotere di Mosca».