Luglio 2015
I marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non dovevano essere rispediti in India nel marzo del 2013: su questo particolare punto della vicenda dei due fucilieri si è a lungo discusso e dibattuto, con diversi pareri. Oggi salta fuori un documento ufficiale del Ministero della Giustizia, ai tempi alla guida del dicastero c’era Paola Severino, che rivela che la giustizia riteneva anticostituzionale rimandare i marò a Delhi. La notizia è in un articolo su Dagospia firmato da Maria Giovanna Maglie – la ex RAI 2, oggi scrittrice e opinionista – che racconta la storia della “lettera ufficiale del Ministro Paola Severino” scritta “per mano del suo capo di gabinetto, ai colleghi di governo per confermare le ragioni per le quali i due marò non solo possono ma proprio devono restare in Italia”. Gli argomenti della lettera non sono nuovi: il ministro Severino, nel 2012 aveva chiaramente espresso la sua opinione: “I rilevamenti satellitari provano che la nostra nave era in acque internazionali – aveva pubblicamente annunciato il ministro della Giustizia – Tutto quello che viene detto è basato su idee, ma la prova sullo svolgimento dei fatti, versione differente tra le due parti, ancora non c’è stata. La posizione dei due militari italiani è molto delicata”. E su quella che doveva essere l’atteggiamento dell’esecutivo era stata altrettanto chiara: “La posizione del governo italiano è molto ferma sulle carenze di giurisdizione indiana”. Insomma Paola Severino di Benedetto, insigne giurista proprio non aveva dubbi: gli indiani non avevano il diritto di tenersi i marò e tanto meno di processarli e noi italiani non avevamo il diritto di rispedirli in India. Dagospia, il sito di Roberto Dagostino, a corredo dell’articolo della Maglie, pubblica alcune immagini del documento in questione, datato 13 marzo 2013, inviato alle 15.41.
Ma allora perché i due fucilieri di marina, ingiustamente accusati di aver ucciso due pescatori, in un mai chiarito incidente in alto mare, furono fatti tornare in India al termine del loro permesso?
La risposta a questa domanda non è nuova: per non rovinare i rapporti commerciali con l’India, come più volte detto dall’allora Ministro degli Esteri Giulio Terzi, che si dimise proprio per dissociarsi da questa decisione del Governo. Gli italiani dovevano tenersi i marò nel 2013, infatti “l’impegno sottoscritto con l’India – scrive la Maglie ragionando sul documento della Severino – non vale perché gli indiani imbrogliarono e perché in quel Paese è contemplata la pena di morte, e gli articoli della Costituzione, avete presente quella-più-bella-del-mondo quando fa comodo, ma anche i Diritti dell’Uomo, Ginevra e la Convenzione Europea, insomma una roba che a far diversamente l’Italia dovrebbe poi risponderne, tipo alto tradimento”.
Eppure Latorre e Girone tornarono in India.
«Tutto il governo era d’accordo, fu il ministro Passera a dire no»
«Rimandando in India Latorre e Girone sono stati violati i diritti umani e la Costituzione»: non usa mezzi termini Giulio Terzi, ex Ministro degli Esteri che, in un’Italia di politici aggrappati alle poltrone, si è dimesso per non condividere quella decisione. Terzi ricorda il documento diffuso da Dagospia, un documento “che corrisponde alle posizioni che erano espresse in diverse riunioni interministeriali di trattenere i marò per questioni di legittimità costituzionale, in rispetto della Convenzione Europea per i diritti umani e anche per la violazione dell’affidavit da parte indiana. Ero – prosegue Terzi – sicuro che il caso si fosse risolto a metà marzo 2013, con uno scatto d’orgoglio e di autorevolezza del nostro Paese sulla scena internazionale. E invece purtroppo tutto quello che avevamo costruito è stato fatto crollare per interessi economici”
Ambasciatore Giulio Terzi, quanto è importante il documento sui marò del ministro della Giustizia?
“Il documento riflette la posizione del dicastero e degli altri ministri sulla decisione del governo di trattenere i marò in Italia. L’importanza del sapere che i marò sono stati rimandati in India in violazione di norme costituzionali ed europee è determinante e continua ad esserlo nella gestione del caso. L’unico modo a questo punto per il governo italiano di cercare di salvare il salvabile è avviare l’arbitrato internazionale, riprendendo la strada intrapresa l’11 marzo 2013. Il documento pubblicato da Dagospia riflette le argomentazioni espresse dal governo nel comunicato del 18 marzo 2013 e ancora consultabile sul sito della Farnesina. Quel giorno venne diffuso un lungo testo del Ministero degli Esteri, a nome dell’intero Governo Monti, in cui si danno tutte le motivazioni giuridiche e politiche che imponevano di tenere i marò in Italia, sino alla decisione arbitrale”.
All’epoca lei era Ministro degli Esteri, questo è stato l’ultimo documento condiviso con il Governo Monti?
“Io l’ho rivisto e l’ho approvato, è stato poi diramato a tutti gli altri ministri e agli organi istituzionali. Quel documento venne approvato da tutti.”
I Ministri di Esteri e Giustizia dicevano che dovevamo far rimanere i marò in Italia. E poi cosa è successo?
“Il ministro Passera ha iniziato ad agitarsi, ha detto che dovevamo rimandarli, altrimenti perdevamo i contratti. Anche se non si è capito poi quali. E ha detto che noi italiani non potevamo violare l’affidavit, ma è stata l’India innanzitutto a violare l’affidavit. La posizione di Passera, molto decisa, fu che i marò dovevano tornare in India. E non è un’opinione espressa nella segretezza del Consiglio interministeriale sulla sicurezza, di questo non potrei parlare, ma posso però parlare dell’atteggiamento preso dall’allora ministro Passera. Così marò sono stati rimandati in India e, contestualmente, è stato anche lasciato decadere il ricorso all’arbitrato internazionale”.
Sono stati fatti errori?
“Ma sì, torna d’attualità oggi, il ricorso alla Croce Rossa Internazionale, per la salvaguardia dell’integrità psichica e fisica di Girone, in India, e per le condizioni di Latorre. Se ci sono difficoltà a mandare avanti l’arbitrato, si possono utilizzare misure temporanee: ricordiamoci che nel luglio dell’anno scorso, con grande lungimiranza, la Croce Rossa Internazionale ha dato la sua disponibilità per trovare una soluzione. Non si capisce perché quel canale è stato abbandonato”.