“Un errore colossale e gravissimo, far rientrare i militari in India…”.
di Antonio Manzo – Il Mattino
Gennaio 2014
Scusi, Ambasciatore Terzi, un errore del governo Monti?
“Si, per questo mi dimisi dopo l’incredibile dietrofront…”
Non vuole rimanere in silenzio, Giulio Terzi di Sant’Agata, nel giorno delle notizie che arrivano dall’India sul rischio pena di morte per i due marò. Si dimise, pratica istituzionale per nulla diffusa in Italia, da ministro degli esteri, il giorno che Mario Monti decise, insieme ad altri ministri del suo governo, di cambiare strategia nel giro di poche ore: far rientrare i due militari in India. Ora l’ex ministro ribadisce: “Fu un errore gravissimo, colossale, con tutti i rischi che ora sono di evidente gravità. Sono indignato, sorpreso e preoccupatissimo per l’evoluzione, anzi, per l’involuzione, della vicenda dei nostri marò incarcerati in India. Abbiamo ottenuto, dopo dieci mesi, il riscontro oggettivo sulla fondatezza delle diffidenze che esprimemmo dalla Farnesina per gli affidamenti offerti dall’India al momento della ripartenza dei nostri militari. Ora c’è la necessità di una azione diplomatica forte, l’Italia chiami in campo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. I nostri militari sono seriamente a rischio in India ma, particolarmente, tutti quelli che sono impegnati in varie parti del mondo per operazioni di pace si staranno chiedendo in che contesto di garanzie stanno operando per conto della bandiera italiana”.
Il diplomatico pluralia maestatis di Giulio Terzi di Sant’Agata non riesce a nascondere l’avversione di ieri, dieci mesi fa, manifestata con le dimissioni dal Governo Monti, e l’opposizione di oggi rispetto alle “inaccettabili e gravissime dichiarazioni” che arrivano dal Governo indiano sulla sorte di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Non parla mai in prima persona, ma non è difficile cogliere il suo discorso, in filigrana, quell’avevo ragione all’atto delle dimissioni dal Governo.
Ambasciatore Terzi, più il tempo passa e più valgono le ragioni politico-diplomatiche che espresse dopo le dimissioni dal Governo Monti?
“La decisione di far restare i marò in Italia e non riconsegnarli all’India fu una decisione assunta collegialmente dal Governo, a perfetta conoscienza del presidente del Consiglio e di tutte le istituzioni che cambiò in maniera repentina, improvvisa, con un cambio di linea da parte di alcuni colleghi di Governo e dello stesso presidente del Consiglio. Da allora, i marò sono ancora in India, dove per loro ora si invoca l’applicazione delle leggi antiterrorismo”.
Ma l’India non ha ancora deciso se utilizzare o meno per i fucilieri italiani una legge speciale antipirateria (SUA Act) che prevede la pena di morte. Il ministro indiano dice: “lo annunceremo nel giro di due o tre giorni”.
“E’ come tenere aperta una ferita, comportamento inaccettabile. Non possiamo consentire che cittadini italiani, ancor più che militari, corrano il rischio della pena di morte in un Paese straniero”.
Come deve muoversi l’Italia di fronte a questo oggettivo irrigidimento del Governo indiano?
“La vicenda dei marò è diventata ostaggio della politica interna indiana. Per questo l’Italia deve chiedere urgentemente la convocazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per contestare la sottrazione in alto mare di una forza armata di un Paese che è un onesto partecipe di diverse operazioni in altre parti del mondo. È gravissimo il comportamento di un paese che aspira a diventare membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Inoltre, l’Italia deve chiedere una immediata convocazione del Consiglio Atlantico”.
C’è una via obbligata, al punto in cui siamo?
“Un arbitrato obbligatorio tra i due Paesi era ed è il passaggio obbligato. Non possiamo dare in balia degli indiani il destino di due militari italiani, nè sperare nella loro clemenza”.
Perché, secondo lei, l’India ricorre alla legislazione speciale antipirateria?
“Per evitare il vulnus della giurisdizione. Continuo a ritenere che l’incidente è avvenuto in acque internazionali come accertato anche dalla Corte Suprema indiana. La ‘Enrica Lexie’ era al di là delle dodici miglia delle acque territoriali, e quindi la competenza è italiana”.
Come cambiò la linea del Governo Monti sul rientro dei marò in India?
“In poche ore il presidente Monti cambiò una decisione assunta in ambito governativo in costante coordinamento tra la Farnesina e tutte le istituzioni interessate. Era l’8 marzo e in una riunione in cui erano presenti i ministri della Giustizia, degli Esteri, della Difesa, fu illustrata una proposta che venne poi proposta alla presidenza del Consiglio e che ricevette l’assenso di tutti, in cui si concordava di formalizzare la controversia con l’India sul conflitto di attribuzione e di giurisdizione. Cambiò tutto, inspiegabilmente, nel giro di poche ore”.
Nessuno volle ascoltare i rischi del dietrofront del Governo?
“Io spedii al presidente Monti una comunicazione formale per esprimere le mie riserve per un supplemento di chiarimenti con New Delhi prima che l’aereo con gli italiani a bordo arrivasse in India. Tutto fu vano. Ed ora c’è una evidente falla sulla tenuta dell’affidabilità italiana come garanzia per i nostri militari all’estero. A partire dai due marò, ma anche da quei 56mila militari italiani che nel mondo sono impegnati in operazioni di pace”.