Articolo di Generoso Picone per Il Mattino del 26 maggio 2022
Giulio Terzi di Sant’Agata non è sorpreso dalle parole quasi sprezzanti con cui Dmitrij Medvedev ha bocciato il piano di pace per il conflitto in Ucraina presentato dall’Italia. «È puro flusso di coscienza slegato dalla realtà», ha tra l’altro affermato l’ex presidente della Federazione russa e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza di Mosca. «Si tratta della trasposizione di quanto Vladimir Putin disse a Mario Draghi. In sintesi: non è il momento della trattativa», commenta Terzi di Sant’Agata, già ambasciatore negli Stati Uniti e ministro degli Esteri nel governo di Mario Monti.
Quindi, dopo Medvedev, anche il Cremlino respingerà la proposta di Roma? Intanto il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, ha riferito di non averla ancora vista ed esaminata.
«Le intenzioni di Vladimir Putin sono ormai chiare: vuole appropriarsi dell’intera Ucraina, una regione che ritiene appartenga alla Russia. Fin dall’inizio il suo obiettivo è stato di estendere le operazioni in corso nel Donbass. Putin non ha una via d’uscita praticabile dalla guerra, ha ragione il direttore della Cia, William Burns, che lo descrive sempre più isolato e avvolto in una veste infiammabile di ideologia. Bisognerebbe ricordarlo ai tanti che oggi discettano su quanto territorio o su quante armi si debba concedere a Kiev e rilanciano la teoria di una guerra civile in Ucraina. Questa tesi è pura propaganda russa, è disinformazione, fake news, distorsione della cronaca e della storia da parte di Mosca. Non c’è alcuna guerra civile, ma una guerra di aggressione che Putin vuole condurre fino all’estremo».
Il tentativo italiano, insomma, è destinato all’insuccesso?
«Guardi, non si tratta di un dispetto all’Italia. Sono convinto che il piano sia stato elaborato dopo consultazioni, discussioni e un lungo lavoro riservato e di approfondimento con le capitali internazionali. Avrebbe potuto produrre almeno un piccolo movimento iniziale, soprattutto ponendo l’urgenza del problema umanitario, e poi costituire la base per una trattativa strutturata. Ma se Putin continua a mostrare la minacciosa intransigenza avuta nei colloqui con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la premier finlandese Sanna Marin c’è ben poco da sperare».
Henry Kissinger da Davos ha fatto sapere che l’Ucraina dovrebbe cedere sui territori occupati dai russi e avviare così il confronto con Putin. D’accordo?
«Avrà avuto le sue ragioni, ma ha detto un’atrocità. Kissinger è stato un grande protagonista della politica estera, coniugando realismo e principii valoriali, magari lasciando spesso questi nel cassetto. Oggi non penso interpreti la verità assoluta».
Kissinger ha aggiunto che l’Occidente non deve perdere di vista il rapporto di lungo termine con Mosca, pena un’alleanza permanente e sempre più forte della Russia con la Cina. Sono in molti a sperare in una pressione di Pechino su Putin per indurlo a trattare: l’avvertimento che Joe Biden ha voluto lanciare al presidente Xi Jinping su Taiwan non è parso un buon segnale in questa direzione.
«Non credo che Xi Jinping possa avere grandi possibilità di convincimento su Putin, comunque da indurlo a cambiare strategia. Resta da capire, poi, se quella del presidente americano sia stata un’affermazione voluta nella sua forza oppure non sia scivolato nella gaffe. Di sicuro, la posizione di Pechino ha l’aspetto paradossale dell’astensione nell’assemblea generale dell’Onu sulle tre risoluzioni di condanna all’aggressione di Mosca. Strano, perché vorrebbe significare il riconoscimento dell’inviolabilità degli Stati sovrani: difficile che la Cina lo sostenga anche nei casi di Hong Kong o Taiwan. Ma nel misurarsi con gli atteggiamenti cinesi occorrerebbe considerare anche altri aspetti».
Quali?
«Le difficoltà in cui oggi la Cina versa, tra emergenze da Covid e rapporti con la Russia, stanno mettendo in discussione la sua credibilità sul piano internazionale. Del resto, come per Mosca e nelle graduatorie mondiali di soft power, cioè della capacità di un potere di attrarre e convincere, questi due Paesi non sono più ai primi posti e Pechino è molto preoccupata del blocco in chi versa il sistema Putin».
A causa della guerra che si protrae?
«La guerra in Ucraina sarà lunga con ricadute importanti sull’economia mondiale, sulla catena di approvvigionamento, sulle condizioni dei Paesi più poveri. In Russia le sanzioni, a dispetto della vulgata, stanno provocando serissimi problemi in nell’export con i Paesi che le applicano e anche con gli altri che non lo fanno. Le percentuali si equivalgono e, nonostante il dichiarato attivo della bilancia commerciale, l’effetto risulta molto incisivo in settori di tecnologia avanzata che sono la base industriale del potere economico e dunque dell’avventura militare di Mosca. È la prova che l’inasprimento sanzionatorio resta la strada principale da seguire per mettere davvero in crisi il regime di Putin».